Travaglio, novello untore e persecutore?

colonna_infame_stampaUntore era un termine utilizzato nel cinque-seicento per indicare gli accusati di diffondere volontariamente lapeste  tramite unguenti, con particolare riferimento alle vicende della peste del 1630 a Milano, sulle cui vicende Manzoni scrisse il famoso romanzo “Storia della Colonna Infame”.

Nell’uso odierno corrente, untore è colui che, tramite scritti, parole, canti semina calunnie e infanga a prescindere.

Per quel che fa e per quel che trasmette, con la sua persona e il suo pensiero, si potrebbe affermare che il termine untore calzi a pennello al trivagliatore dell’onore altrui.

Tortura della ruotaE l’aspetto più inquietante di tutta la vicenda sta nel fatto che, il giornalista/direttore del Fatto Quotidiano, dopo aver unto a dovere i suoi nemici o ritenuti tali, pretende anche di processarli allo stesso modo in cui furono processati Guglielmo Piazza, commissario di sanità, e Gian Giacomo Mora, barbiere, i due milanesi di cui al romanzo di Alessandro Manzoni. Infatti i due furono legati al terrificante strumento di tortura della ruota: o confessavano o venivano smembrati. Preferirono autoaccusarsi, seppur innocenti, come in seguito appurato. La casa di Mora fu distrutta, ergendo, al suo posto, una colonna, detta la “Colonna infame“.

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Travaglio opera allo stesso modo: processa, tortura, pretende confessioni, sentenzia e non sia mai il tapino finito nelle sue grinfie cerchi di difendersi…partirebbe la ruota; al termine della inquisizione, dopo aver distrutto la reputazione del suo nemico, erge davanti alla sua famiglia la colonna infame. Il povero tapino, se innocente, non riceve neanche una parola di scuse.

Immagino che le stanze personali di Travaglio siano piene delle tante colonne infami da lui fatte erigere negli anni, a vanagloria del suo nome.

Enzo C. Delli Quadri