Lo chiamano affettuosamente «Aspettando Gotor», per parafrasare “Aspettando Godò” una delle più famose opere teatrali di Samuel Beckett, dramma costruito intorno alla condizione dell’attesa, associato al teatro dell’Assurdo. E come potrebbe essere diversamente?
Nel 2013, dopo le elezioni politiche che determinarono la non-vittoria di Bersani (che sbagliò un calcio di rigore a porta vuota), il nostro Gotor si presentò a porta a porta e, invece che ammettere che c’era mancato poco a che il giaguaro Berlusconi smacchiasse Bersani, come se nulla fosse, attaccò Grillo, dicendo: “ragazzi, non scherziamo, non è finita, non abbiamo perso, siamo ancora in pista, siamo ancora in palla e abbiamo ancora una carta formidabile, che dico, straordinaria per smacchiare il giaguaro: dimostrare che quello che vuole mandare tutto all’aria non siamo noi ma Beppe Grillo.”
Ma la mente sofisticata, brillante e folgorante di Gotor, nel breve volgere di qualche giorno, sorvolando sul fatto che Grillo appellava Bersani come Gargamella, prima di ribattezzarlo, forte della sua nuova sensibilità istituzionale, «il morto che cammina» e «l’uomo dalla faccia come il culo», si impegnò a dimostrare che il compagno Grillo era praticamente, una formidabile costola della sinistra. «Dietro gli otto milioni di voti che ha preso Grillo – disse Gotor alla Stampa – c’è una protesta che viene da sinistra». Suggerì, quindi, a Bersani di chiedere in ginocchio a Grillo i voti per dare il via ad un governo M5S-PD.
Ma sparare a zero contro qualcuno, salvo poi supplicarlo di averlo per amico, fa parte del suo carattere di voltagabbana: Anni fa, in un suo libro su Aldo Moro, scrisse frasi ingiuriose contro il giornale La Repubblica; poi, entrò nella redazione di quel giornale e iniziò a scrivere per esso.
Che dire? Gotor, meno credibile di un voltagabbana
Enzo C. Delli Quadri