Negli anni 50/60 del secolo scorso anche chi non aveva mai ascoltato l’Eroica o La sinfonia dal Nuovo Mondo o L’uccello di fuoco, sapeva di Beethoven o Dvorak, o Stravinskij. I nomi dei direttori d’orchestra Toscanini, Bernstein erano sulla bocca di tutti ed era facile ascoltare, anche ai tavoli di un bar, una conversazione su di loro.
Al giorno d’oggi, solo pochi fortunati sanno di Mussorgsky o R. Strauss o A. Vivaldi o chi siano stati Furtwängler o Celibidache o Von Karajan. E solo per patriottismo si conoscono Riccardo Muti, in Italia, Pierre Bulez, in Francia, Britten, in Inghilterra, e così via; oppure, solo per inseguire immagini, si apprezza musica classica in sottofondo, come nel caso del film Fantasy di Walter Elias Disney. In definitiva, una cultura musicale, quale quella classica, ha perso, piano piano nel tempo, la sua centralità e la sua efficacia comunicativa.
La principale causa di questa decadenza va ricercata nel gusto del pubblico che ha percorso strade che non richiedessero sforzi culturali di approfondimento e, quindi, più facilmente usufruibili.
Causa minore, ma anch’essa determinante, è stata la rottura che la stessa Musica ha fatto con il suo pubblico, introducendo costruzioni musicali senza consonanze o ritmi comprensibili.
A questo aggiungasi, last but not least, l’evoluzione capitalistica e sociale della società: l’individuo si afferma sulla società; il privato sopravanza il pubblico; il politico trova più conveniente sovvenzionare la festa patronale della porchetta; il consenso politico e il profitto diventano gli unici obiettivi; la musica classica, come argomento di conversazione svanisce nel nulla; si può parlare di libri, di film, di mostre, di teatro…di musica classica no …… non si vede, non si percepisce, è un fatto culturale cui non si dà valore. La conseguenza di tutto ciò si tramuta in crisi del finanziamento pubblico verso una attività artistica, quale la musica classica, non in grado di reggersi da sola anche per costi crescenti e tali da far dire a un ingegnere, povero di cultura: al posto di 20 violini possono operare un violinista e un amplificatore. Si è, così, infranto il sogno di una musica classica democraticamente diffusa, di massa.
Resta però il fatto che nuove opportunità e nuove risorse irrompono sul campo e fanno ben sperare perché il pubblico non sia tutto preso dai piedi di Messì, Neymar, Ronaldo. Da una parte, Internet ha rotto il monopolio di editori e case discografiche consentendo a tanti volenterosi di buttarsi nella mischia; dall’altra, giovani appassionati, generosi e altruisti riversano sul pubblico tutta la loro energia e il loro entusiasmo, ingenerando in esso la voglia di un arricchimento culturale altrimenti non sentito.
Io ho avuto la fortuna di incontrare un gruppo di questi giovani che mi hanno anche onorato di una foto con tutti loro: Niccolò Muti (violino), Lucie Cartin (Soprano) Sam Almaguer (Clarinetto), Sayaka Selina (Violoncello)Mathis Rochat (Viola), Luba Podgaskaya (Pianoforte-Clavicembalo) Viller Valbonesi (pianoforte) Emma Steele (Violino)
È successo nell’ambito di una manifestazione culturale denominata “Incontri Musicali” che da qualche tempo si svolge, annualmente, tra luglio e agosto a Spoleto, in Italia e in Ottobre, in USA, a Charleston e RDU. Ispirata dall’idea che la musica sia una forza trasformativa, Incontri Musicali nasce con lo scopo di coinvolgere il suo pubblico con spettacoli di musica da camera di livello mondiale che stimolino un’ esplorazione culturale e sociale.
Il suo ideatore e fondatore (nel 2012) è il giovanissimo, preparatissimo e vulcanicamente simpatico Niccolò Muti, italo-americano, che riunisce attorno a sé il meglio della gioventù mondiale dedita alla musica solo e soltanto per passione viscerale.
Il pubblico avverte sulla pelle, nella testa e nel cuore la capacità di questi giovani di immergersi nel mare magnum delle note e di estrarne diamanti di emozioni, tanto che, quando esce dalla sala, a fine concerto, sa di aver poco nelle mani ma tanto nello spirito e nell’anima.
Enzo C. Delli Quadri