Oggi mi onoro di accogliere sul mio blog uno scritto di Antonio Di Majo, eccellente professore universitario di economia e scienze delle finanze. Tratta un argomento molto discusso circa la bontà dei pensionamenti anticipati o a livelli di anzianità ridotta rispetto agli attuali per favorire l’occupazione giovanile. In modo facile, facile, Il prof. Di Majo dimostra come questo  assunto sia falso. (Enzo C. Delli Quadri)


Antonio Di Maio
Prof. Antonio Di Majo

I “luoghi comuni”, ossia, secondo coloro che li accettano, le verità che non hanno bisogno di dimostrazioni sono molto diffusi anche nell’interpretazione dei fenomeni economici. Uno mai abbandonato, ma che si è rafforzato con la “crisi” dell’ultimo decennio si esprime con l’osservazione che l’allungamento dell’età pensionabile causerebbe una crescita della disoccupazione giovanile.

Tutti gli studi effettuati nei paesi sviluppati dimostrano che non esiste questo nesso. Ma allora dove ha origine questa “credenza”?

Nell’economia medioevale (più generalmente quella precedente le rivoluzioni industriali e agricola) la produzione prevalente era agricola: il fattore di produzione prevalente, pressocché esclusivo era rappresentato dalle “braccia” dei lavoratori (“braccianti” appunto); la “funzione di produzione era a coefficienti fissi” (nel gergo degli economisti). Di conseguenza per produrre lo stesso prodotto complessivo occorrevano sempre le stesse “braccia”. Di conseguenza l’occupazione mutava solo con la sostituzione delle braccia e i giovani andavano a sostituire i lavoratori che abbandonavano. Quando il sistema economico diviene più dinamico (nella produzione complessiva, ma anche nella sua struttura produttive e dei fattori di produzione) tutto ciò non è più necessariamente vero.

Se saltiamo molte evoluzioni e veniamo all’oggi, l’allungamento dell’età pensionabile è esaminato nei suoi effetti sull’occupazione nell’ultima Relazione della Banca d’Italia che osserva “Nel lungo periodo l’innalzamento dei requisiti pensionistici, prolungando la partecipazione al mercato del lavoro, tende ad avere effetti espansivi sul prodotto. Nel breve periodo un aumento dell’età pensionabile potrebbe ripercuotersi negativamente sulle prospettive occupazionali dei più giovani se questi ultimi svolgono mansioni simili a quelle dei lavoratori più anziani; l’effetto può tuttavia essere positivo se svolgono ruoli diversi e complementari.” Queste osservazioni con il condizionale possono essere “misurate” da analisi su dati (macro). Gli economisti del Servizio Studi della Banca d’Italia hanno effettuato apposite analisi quantitative : “Secondo nostre analisi non vi è evidenza di un nesso negativo, nemmeno nel breve periodo, tra il prolungamento della vita lavorativa degli anziani e l’occupazione dei giovani; piuttosto i due fenomeni appaiono complementari” (come già era stato verificato da tempo sui dati di altri paesi europei sviluppati).

Gli economisti, se svolgono con onestà intellettuale e con capacità tecnica il loro mestiere, possono almeno servire a abbattere “luoghi comuni” dannosi!

Antonio Di Majo