Dopo 4 anni di seppur lenta ripresa dell’economia siamo caduti in recessione
Il settore dell’edilizia vede con anticipo sia l’arrivo delle crisi sia l’indizio di una ripresa: Ebbene, tra il 2008 e il 2015, si sono persi 600.000 posti di lavoro, da 1,6 milioni a 1 milione; dopo, dal 2016 e fino al primo semestre del 2018, il settore aveva ripreso a respirare. Ora, da sei mesi, siamo di nuovo in crisi, come dimostrano tutti gli indici nazionali e internazionali.
La stessa Commissione Europea, secondo le nuove previsioni di inverno, prevede che, nel 2019, il Pil italiano scenderà a +0,2%, considerevolmente meno di quanto anticipato nelle previsioni autunnali (+1,2%) e meno anche di quanto stimato dal governo in dicembre (+1%) proprio dopo la correzione delle stime auspicate dall’Europa.
C’è in giro per l’Italia lo spettro di una recessione prolungata”.
I maggiorenti del Governo si affrettano a informarci che la recessione è colpa essenzialmente della situazione economica internazionale negativa (i dazi, la Cina, la Germania e…). A questi si aggiunge la voce del presidente del consiglio Giuseppe Conte: IlGoverno del Cambiamento non si fa dettare l’agenda da previsioni che vengono fatte all’estero”. “Sono sicuro che i nostri conti torneranno”
Che la recessione sia colpa solo della situazione internazionale e che i conti possano tornare con la manovra messa in campo dal Governo, è difficile da comprendere se non in forma fideistica (credere e obbedire) anche perché, come oramai accertato e accettato da tutti gli analisti indipendenti,
- “L’economia italiana ha cominciato a perdere slancio all’inizio del 2018“, ed è finita in contrazione nella seconda metà, col Pil “calato di 0,2% negli ultimi tre mesi“. Ma mentre la frenata iniziale era “largamente dovuta al commercio mondiale meno dinamico, il recente allentamento dell’attività economica è dovuto a una domanda interna pigra, in particolare su investimenti“, mentre pesa “l’incertezza legata alla policy del Governo e l’aumento dei costi di finanziamento“. Lo scrive la Commissione Ue. Lo stesso nostro Mario Draghi, in un’audizione a Bruxelles, ha dichiarato (e Draghi non è antitaliano): “l’Italia è l’unico paese in cui c’è una stretta creditizia e non si trova il modo di favorire gli investimenti”.
- La manovra predisposta dal Governo prevede una spesa , nei prossimi tre anni, di 50 mdi circa per Reddito di cittadinanza e Quota100; per gli investimenti, la spesa è di soli 10 mdi. In pratica ci si affida quasi esclusivamente alla spesa corrente (stipendi, assistenza, pensioni) che, come risaputo da chi conosce questi argomenti, pochissimo incidono su una crescita economica, a differenza degli investimenti.
Per chi ne voglia sapere di più
Il moltiplicatore degli investimenti (Da Keynes) parte da una constatazione molto semplice: ogni aumento nell’acquisto di nuovi strumenti di produzione (ovvero ogni ulteriore aumento degli investimenti) dà vita ad una catena di relazioni causa-effetto:
— aumenta l’occupazione nel settore in cui si producono tali beni, o il salario (nel caso in cui quelli già occupati prestino ore di lavoro straordinario);
— cresce il reddito dei nuovi o maggiormente occupati (e, conseguentemente, quello nazionale);
— cresce, di conseguenza, la domanda dei beni di consumo (si tratta, di solito, di beni di consumo durevoli, come le automobili, gli elettrodomestici ecc.);
— ne consegue una maggiore attività delle imprese che producono i beni di cui la domanda è aumentata. Tali imprese, sulla spinta dell’aumento di domanda, richiedono (in proporzioni maggiori per l’effetto acceleratore) strumenti di produzione;
— le industrie fornitrici di questi strumenti di produzione, a loro volta, concedono aumenti salariali agli occupati ecc.
Il reddito addizionale dovuto all’originario investimento di strumenti di produzione genera la nascita di una serie di industrie (produttrici di beni di consumo e strumentali), aumenti di occupazione e di reddito.
In altri termini, un dato aumento dell’investimento netto (ossia acquisto di strumenti produttivi non destinati ai rimpiazzi) provoca un aumento sempre maggiore del reddito nazionale.
Il moltiplicatore della spesa pubblica
Si limita solo all’aumento della massa finanziaria utile alla domanda dei beni di consumo con scarsa incidenza su occupazione e tutto il resto.