Di Maio attacca a testa bassa: o come dico io o niente. La borsa va giù, lo spread va su. Poi lo fermano mentre il burrone era pronto a inghiottirlo.

Stamattina, il Presidente incaricato Giuseppe Conte aveva iniziato le consultazioni con le forze politico convinto che, oramai, tutto fosse stata più o meno appianato, avendo avuto assicurazione, dopo i colloqui che le stesse forze avevano avuto con il presidente della Repubblica, che le forze politiche di sinistra e il M5S avrebbero proceduto sullo stesso percorso non parallelo ma convergente.

Invece, a ciel sereno, all’uscita dal suo incontro con Giuseppe Conte, Di Maio spara a palle incatenate contro la possibile convergenza di PD e M5S sul nuovo governo. 1. Giuseppe Conte è una personalità terza non ascrivibile al M5S, con il che intendendo affermare che al M5S va concessa la poltrona di vice-premier (per sé stesso). 2. I decreti sicurezza non vanno ritoccati nel loro spirito. 3. “O passano i nostri punti del programma o meglio tornare al voto“. Tutto questo è stato pronunciato con toni oltremodo minaccioso.

Tempo poche ore, le delegazioni del PD e del M5S vengono convocate di nuovo a Palazzo Chigi dal presidente incaricato Giuseppe Conte. Si presentano Franceschini e Orlando, per il PD, con D’Uva e Patuanelli, per il M5S. Al termine dell’incontro Patuanelli e D’Uva gettano secchiate d’acqua ghiacciata sulle parole dette poche ore prima da Di Maio: nessun ultimatum, i punti di contrasto tra i programmi dei due partiti non sono insormontabili, la trattativa procede per arrivare alla formazione del Governo.

A questo aggiungasi che Giuseppe Conte ha mostrato una forte irritazione per le parole di Di Maio, il bullo… sbullizzato.