Questa mattina si confronteranno, realmente, visivamente, concretamente ma anche virtualmente e telematicamente, la calma e la collera, la quiete e la tempesta, la casa e la piazza.
Nella casa, ovvero nell’Aula della Camera dei Deputati, assisteremo a un dibattito durante il quale Giuseppe Conte invocherà una tregua nazionale, “è finito il tempo delle contrapposizioni, serve un governo per il Paese“. Lo farà con discrezione com’è nel suo stile, evitando di parlare del passato e di Salkvini, incentrando, quindi, il suo discorso sul futuro e sulla discontinuità dell’azione di governo che, plasticamente, potrà osservarsi negli uomini e nelle donne del nuovo governo come la presenza di Speranza di Liberi e Uguali, quella di Luciana Lamorgese, ministra degli interni, la calma fatta persona contro il colleroso Salvini, quella di Francesco Boccia, chiaro segnale contro la richiesta di autonomia regionale intesa come secessione delle regioni ricche del nord dal sud Italia e, infine, da quella del segretario generale di Palazzo Chigi Roberto Chieppa, nominato fresco sottosegretario alla Presidenza, con il compito di affiancare e limitare l’azione del grillino Riccardo Fraccaro, prepotentemente voluto da Di Maio.
In piazza, troveremo il Salvini, fresco di Papeete e mojito che tanto hanno contribuito alla sua azione politica suicida (se solo fosse stato più tranquillo e calmo, oggi continuerebbe a svuotare il M5S e a gestire l’Italia senza impedimento alcuno; serviva solo calma e sangue freddo; ha dimostrato di non averne). Accanto a lui troveremo la Meloni, aggressiva più che mai e sicurissima che il futuro sia suo e del suo nazionalismo spinto per nulla preoccupata di affiancarsi a un uomo che ha dimostrato di voler spaccare l’Italia tra le regioni ricche del Nord e quelle sfruttate del Sud. Entrambi hanno annunciato guerra al nuovo Governo con azioni da vietcong nelle Commissioni Parlamentari, dove, in barba all’accusa di poltronificio addossata ai partiti della nuova maggioranza, siedono 8 leghisti che non hanno alcuna intenzione di mollare la poltrona di Presidente di tali Commissioni. Ecco un esempio classico dell’asino che dà del cornuto al bue: Salvini accusa questo nuovo governo di voler evitare le elezioni nonostante la maggioranza del paese esprima, secondo lui, chiari sentimenti di destra. Di contro, di fronte alla legittima composizione del nuovo governo, formatosi per chiara volontà dell’attuale Parlamento, nessun leghista trova giusto e logico lasciare le poltrone di Presidente delle Commissioni.