Nel 1969 uscì un libro pubblicato dallo psicologo canadese Laurence J. Peter in collaborazione con l’umorista Raymond Hull, dal titolo The Peter Principle. Il libro, dal tratto ironico e satirico, ebbe un grosso successo e ancora oggi è letto con avidità. Il principio di Peter è una tesi, apparentemente assurda, noto anche come principio dell’incompetenza: «In una gerarchia, ogni dipendente tende a salire di grado fino al proprio livello di incompetenza», vale a dire che si permane nel proprio ruolo fino a quando si esprime al massimo la propria competenza. Poi si è promossi al grado superiore. Questa dinamica si arresta solo quando si accede a una posizione poco congeniale, per la quale non si dimostra di possedere le necessarie capacità: «livello di incompetenza», raggiunto il quale la carriera del soggetto si ferma definitivamente.
Mi è tornato in mente, ieri, dopo aver ascoltato il rieletto presidente del Consiglio affermare: questo nuovo governo è un governo di competentie Bersani dire: non c’è bisogno di essere competenti, basta avere capacità politica. Non c’è dubbio alcuno che il nuovo governo è in stragrande maggioranza formato da persone, ancorché giovanissime, che assommano conoscenze tecniche e capacità politiche. E non c’è dubbio che la capacità politica è importantissima per gestire le complesse situazioni di una nazione.
Ma c’è un limite a tutto. Due casi, quelli di Di Maio e Speranza, balzano all’occhio e consentono di affermare che essi fanno eccezione anche al principio di Peter. Lì, si parte dal presupposto che una persona si trovi in un ruolo coperto per competenza per poi accedere ai livelli superiori fino a quello dell’incompetenza. Ma qui si parte già dal livello dell’incompetenza, livello che conclude una carriera. Invece, bellamente, da qui si fa partire la carriera, scommettendo sulla pelle dei cittadini.