Due anni fa, esattamente il 18 luglio 2017 scrivevo: Un altro cui duole solo un dente è Massimo Giannini, vicedirettore de La Repubblica. Proprio non ce la fa a distogliere la sua lingua da quel dente rappresentato da Matteo Renzi. Non passa giorno che, dal basso della sua penna, non si attardi a scaricare su Renzi responsabilità e impostazioni al limite del fantasioso, pur di continuare a giocare alla ruota medievale. Potrebbe giocare, invece, alla giostra medievale, partecipando alla tenzone politica, ma preferisce nascondersi dietro la libertà di stampa per straparlare. Volendo rileggere l’articolo richiamato, basta cliccare qui
È bastato che Matteo Renzi riemergesse da questa putrida palude, rappresentata dal sistema politico italiano, ed ecco che il Giannini dalla penna gialla ricomincia a concionare. Sul suo giornale La Reppubblica di questa mattina scrive: Ma “governo”, persino nelle esauste democrazie parlamentari e proporzionali, è assunzione di responsabilità generale. È piena consapevolezza di una missione condivisa. È comunità di destino. È messa in gioco di un progetto in cui si vince e si perde tutti insieme. Nel governo demo-stellato tutto questo ancora manca. Prevale una “malavoglia” quasi esibita. Va superata, perché in caso contrario rischierebbe di uccidere in culla il neonato. E già si profila il “giustiziere della notte”, che non per caso è proprio Renzi, lo spregiudicato scissionista che, dopo aver tenuto a battesimo il nuovo governo insieme a Grillo, ora si prepara a farlo morire, insieme a quel che resta della sinistra.
Proprio non ce la fa a fare il giornalista che racconta i fatti e, solo dopo, esprime una opinione. No, non ce la fa. Deve portarsi avanti, deve fare il bello per non apparire il brutto; peccato che faccia la figura del fesso. Intanto, nonostante sia nato da poche ore e nonostante tutte le sue elucubrazioni negative, già espresse in articolesse dei giorni scorsi, gli indizi d’una svolta, rispetto al Governo della Paura e dell’isolamento, si vedono e lo riconosce anche lui: su questioni cruciali come le relazioni europee e atlantiche e come l’immigrazione la “discontinuità” c’è davvero, finalmente declinata nei termini della responsabilità occidentale, e non più della sovranità putinista, nei termini della sicurezza in guanto di umanità e non dei porti comunque chiusi. Fino a ieri dovevamo assistere, sul piano delle relazioni estere, a contatti spurii con la Russia di Putin; sul piano dell’immigrazione, a decine di giorni di sceneggiate e farse salviniane che si concludevano sempre e comunque consentendo l’accesso alle navi delle ONG; da oggi assisteremo al loro accesso in pochi giorni con contemporanea distribuzione degli immigrati in vari paesi europei.
È poco? Non direi. E se il buongiorno si vede dal mattino, un governo precario rischia di diventare stabile, alla faccia dei mal di pancia dei vari Giannini e Travaglio i quali dovrebbero preoccuparsi maggiormente di tener fede al loro lavoro di giornalisti, lasciando a casa le questioni personali.