Da non credere, questa sera, la Annunziata, direttrice dell’Huffington Post, una che non ha mai mancato di criticare Renzi finanche all’offesa gratuita, ha postato un suo articolo con il quale fa una lunga analisi della situazione politica per dire in sostanza: a Renzi proprio non si può rimproverare nulla.

A dimostrazione di questo suo nuovo assunto, la Annunziata fa tutta una serie di considerazioni:

Conte che si dice meravigliato per non essere stato informato prima, dice qualcosa di molto serio sul livello di rimozione su cui si fonda il Governo che ha insediato l’Avvocato a Palazzo Chigi.

Il senatore fiorentino confessò il progetto di lasciare il Pd già alle sue dimissioni dopo il referendum del 2016 – al punto che la domanda se avrebbe fatto un partito o un movimento è diventato negli anni un gioco di società in più di un dinner party fra Roma e Milano. La scissione è stata infine annunciata sempre meno velatamente negli ultimi mesi, fino all’annuncio nelle ultime ore.

La possibilità di questa separazione, ricordiamo anche questo, è stata una delle ragioni calate sul tavolo da chi non voleva questo Governo o, per lo meno, voleva prima le elezioni anticipate. Il Pd, si diceva, a causa dell’incognita Renzi è troppo fragile per poter assumere sulle sue spalle la responsabilità di un esperimento di Governo così audace come l’alleanza con i 5 Stelle. Renzi, si ripeteva, sia che resti, sia che vada, con i suoi numeri in Parlamento avrà il controllo della durata della legislatura, sarà il vero padrone di casa dell’esecutivo giallorosso.

Renzi è stato criticato a lungo perché avrebbe tradito ogni ideale della sinistra, guidato solo dal proprio opportunismo e dalla propria sete di potere. Le stesse critiche sono state riproposte tutte insieme in queste ore, per criticare la scissione. Ma viste le condizioni del presente quadro politico, questa indignazione ha molto poco filo da filare. Si è appena insediato un Governo fra due ex nemici che improvvisamente hanno scoperto che ne valeva la pena, anzi era un atto di eroismo pubblico abiurare alle proprie posizioni precedenti per formare insieme una coalizione – nientemeno! Nessuna formula intermedia presa in considerazione, nessun appoggio esterno o Governo tecnico! Direttamente un matrimonio.

Principi considerati di ferro fino ad un’ora prima, sia per i 5 Stelle che per il Pd, sono stati modificati in una rapida conversione alla ragion di Stato. Giro di valzer perfettamente incarnato dal premier che è lo stesso che ha guidato una coalizione di destra a trazione Salvini, e che poi in venti giorni è divenuto il garante della democrazia in Italia. Certo, il viale che li ha portati tutti a Palazzo Chigi è pavimentato di alte intenzioni e buoni propositi (la salvezza dell’Italia, naturalmente), ma nessuno può negare che si è trattato di un bell’atto di trasformismo, nonché di un sostenuto desiderio, nemmeno ben nascosto, di guidare il potere italiano.

Tra le ragioni per cui dovremmo ammirare il nuovo assetto viene citata la responsabilità di gestire le nuove nomine delle aziende di Stato nella prossima primavera e successivamente l’elezione del presidente della Repubblica. Per battere il sovranismo e per riportare in paese in Europa, ovviamente. Guai dunque a parlare di poltrone per questo Governo. Si incazzano tutti – a dispetto della rissa e ressa cui abbiamo assistito intorno al più piccolo sediolino di sottogoverno. Perché allora attaccare Renziche dice apertamente nella sua prima intervista da scissionista che vuole contare in questa spartizione? Perché definirlo poltronista dato che le poltrone – pardon, gli incarichi – sono al cuore della formazione del nuovo Governo? Perché definirlo “traditore”, se lascia? Forse che quando Bersani andò via non si difese la libertà e l’orgoglio della scissione? Insomma, povero Renzi, ci tocca ora difenderlo dal doppio standard.

L’ex premier ha ancora una volta scelto una mossa che rompe gli alibi che circondano la politica. Nel Pd ha sempre agito come rivelatore dell’ipocrisia dell’unità interna – con quanta velocità i dirigenti di allora scelsero il giovane fiorentino quando fu in odore di vittoria? E Letta non fu forse concesso agli appetiti di Matteo non appena sbattè un pugno sul tavolo (anche dell’allora Quirinale)?

Anche oggi la reincarnazione pubblica di Renzi svela le debolezze altrui. Svela ancora una volta che il Pd non ha saputo gestire bene il suo passaggio verso il Governo. Svela che a due giorni dal completamento della compagine governativa Conte siede su un formicaio, non certo sul piedistallo di una nuova pacificazione nazionale. E infine, svela l’opportunismo senza fine dei 5 stelle che a due settimane dal giuramento hanno già abbassato le vele della navigazione orgogliosa e indipendente per fare catenaccio alle Regionali, preparare il proporzionale, e ora anche accettare Renzi, l’odiatissimo Renzi, come alleato diretto, non più confuso fra gli altri senatori qualunque nei vellutini rossi del Senato.

Renzi, insomma, non pone direttamente un pericolo numerico per la stabilità, ma occupa di nuovo lo spazio pubblico: quello dei media, delle polemiche, dei social, insomma di quella agorà permanente che è oggi il vero spazio della politica. Non a caso quello che ha occupato e continua ad occupare Salvini, di cui vuole diventare, come ha detto subito, l’unico antagonista. Il vero pericolo che Renzi costituisce per il Governo, insomma, non è quello di farlo cadere, ma di metterlo in ombra. Ed è già accaduto.