C’era da aspettarselo. Dopo che, per anni, ha utilizzato le sue arti mefistofeliche non per creare occasioni sviluppo per il Paese quanto per distruggere amici e avversari (ne sanno qualcosa Occhetto, Rutelli, Veltroni, senza dimenticare Craxi), Massimo D’Alema, da tempo in religioso silenzio, interrotto solo per attaccare Renzi, oggi interviene alla festa di Articolo 1 a Roma per dichiarare: “Questo governo può durare; Conte ne è il garante. L’esecutivo si deve mettere in sintonia con il Paese e mi pare abbia iniziato con il piede giusto”.

Alla domanda, se intende rientrare nel Pd, ha risposto: “Sono stato militante del Pd, abbiamo preso strade diverse, ma il Pd rimane una forza fondamentale del sistema politico italiano”. E, seppur incalzato, non ha voluto dichiarare alcunché in merito alla fuoriuscita di Matteo Renzi dal Partito Democratico. Il fine politico dal baffetto granitico, dopo tonnellate di maldicenze e offese rivolte al giovane fiorentino, oggi, non azzarda alcun commento.

La sua accondiscendenza verso Giuseppe Conte e la sua ritrosia ad esprimersi, ora, contro Renzi, nascondono una sola cosa: ritornare sulla scena, raccogliere consensi e riproporsi, tra due anni, come Presidente della Repubblica.  Ma sta facendo male i conti. La sua perfidia e la sua cattiveria personali e mai politiche restano ben impressi nella memoria collettiva del Paese.