Il Fine Vita, l’ultimo drammatico tratto di strada di un essere umano su questa terra, rimesso solo nelle mani disperate di parenti e di amici. Politici troppo impegnati con i migranti.

Il calendario di 14 mesi del Governo Giallo-verde non ha previsto alcuna seduta che affrontasse la proposta di legge sul fine vita o sull’eutanasia. Non ha previsto neanche un dibattito sull’Ordinanza 207/2018 del 24 ottobre 2018 della Corte costituzionale relativa al processo nei confronti di Marco Cappato per la morte di Fabiano Antoniani. Nessuno ministro o segretario di partito è stato sufficientemente capace a far sì che si tenesse almeno un dibattito in Aula in modo da dare la possibilità ai singoli deputati o senatori di esprimere la propria opinione al riguardo assumendosi pubblicamente e ufficialmente la responsabilità dell’inazione. Favorevoli o contrari alla disciplina del fine vita, tutti i rappresentanti dell’arco costituzionale hanno lasciato passare oltre nove mesi senza attivarsi affinché si potessero affrontare i quatto punti che i Giudici costituzionali avevano evidenziato. Tutti, per un motivo tattico, considerazioni strategiche o approcci ideologici hanno evitato di entrare nel merito delle questioni sollevate dalla Corte che a ottobre dell’anno scorso fissava  4 condizioni per la depenalizzazione del reato di suicidio assistito: una «patologia irreversibile», che sia causa di «sofferenze fisiche o psicologiche assolutamente intollerabili» per il malato, in grado di sopravvivere solo attraverso «trattamenti di sostegno vitale» ma comunque «capace di prendere decisioni libere e consapevoli».

Il 24 settembre 2019 è arrivato e la Consulta ha emesso la sua sentenza: il suicidio assistito, in determinate condizioni, è consentito.

Per il Parlamento è stata una sonora sconfitta, la certificazione dell’incapacità di assumersi quella responsabilità che la Corte costituzionale ha sollecitato un anno fa.

Sarà capace, ora, di legiferare in modo organico? Sarà capace di tener conto dell’evoluzione della scienza e della tecnologia che ha portato a «situazioni inimmaginabili» ai tempi della Costituente? A quei tempi e, ovviamente, nei tempi precedenti, l’insorgere di una malattia degenerativa o incurabile portava alla morte in breve tempo. Oggi, considerate appunto le evoluzioni tecnico-scientifiche, l’assistenza di terzi nel porre fine alla vita del malato è l’unica via d’uscita di sottrarsi, nel rispetto del proprio concetto di dignità della persona, a un mantenimento artificiale in vita non più voluto e che egli ha il diritto di rifiutare». D’altra parte, anche se vecchia di oltre 70 anni, lo stesso articolo 32 della Costituzione dice che «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario».

Di una cosa siamo certi: la strada per un fine vita dignitoso è stato tracciato, grazie a Mario Cappato, a tutti coloro che hanno appoggiato la sua battaglia e alla Consulta. Ancora una volta la Politica si è mostrata assente, alienata, mentecatta.