Molto interessante l’analisi che Dario Da vico fa questa mattina sul Corriere della Sera circa il reddito di cittadinanza con tutte le sue modalità di erogazione volute dai 5Stelle.

Per prima cosa  Di Vico mette in evidenza come il provvedimento abbia già mostrato limiti strutturali e pecche organizzative che non possono essere trascurati: 1. non è servito a sorreggere il Pil dell’anno in corso, come strombazzata da Giuseppe Conte e Luigi Di Maio; 2. non ha spinto i lavoratori inattivi a cercare veramente il lavoro; 3. non si è rivelato quella pietra miliare nella storia del welfare italiano che doveva essere nelle intenzioni di chi ne ha disegnato i contorni.

La verità, assai prosaica, dice Dario Di Vico, è che il reddito di cittadinanza via via che accumula giorni di vita non riesce a nascondere un difetto congenito: è stato varato in tutta fretta perché doveva servire a una grande operazione di comunicazione («l’abolizione della povertà» proclamata dall’allora vicepremier Luigi Di Maio) e subito dopo doveva farsi vento per soffiare nelle vele elettorali dei Cinque Stelle.

Non è andata così, il reddito di cittadinanza si è dimostrato uno strumento di captatio benevolentiae largamente imperfetto e al suo interno non è riuscito a celare alcune contraddizioni che ne hanno compromesso l’immagine. Di Vico si riferisce al fatto che la legge privilegi le famiglie con uno o due figli rispetto a quelle extralarge e che tagli completamente fuori gli stranieri. Ma forse il pasticcio più grande creato riguarda la scelta di sommare l’intervento contro la povertà con una rivisitazione delle politiche per il lavoro. Con quest’abbinata i Cinque Stelle hanno coltivato un progetto ambizioso, scardinare una volta per tutte l’egemonia della sinistra nel campo delle disuguaglianze, scegliendo la strada dell’assistenzialismo.

Il risultato dell’abbinata “poveri da una parte e disoccupati dall’altra”, è stata solo la confusione. A queste se ne è aggiunta un’altra: Il Reddito di inclusione — la misura anti-povertà varata in extremis dal governo Gentiloni — aveva scelto un modello organizzativo e distributivo semplice centrato solo sui Comuni; il provvedimento pentastellato ha puntato, invece, su un doppio canale – Comuni e Centri per l’impiego – finendo così per generare complicazioni e confusioni.

La conclusione dell’analisi è una sola: non si può cancellare il provvedimento “reddito di cittadinanza” ma esso va assolutamente modificato. Dovranno farlo coloro che, fin dall’inizio, ne avevano individuato i difetti.