Più che i bassi livelli di istruzione tecnica e il basso numero di laureati, di per sé preoccupanti, quella del crollo delle nascite in Italia è una vera e propria emergenza. Anche nel 2019 stiamo registrando ottomila nati in meno. Meno nascite ci sono in un paese, più diminuisce la popolazione. In secondo luogo, aumenta l’età media della forza lavoro. E questo minaccia anche il sistema produttivo, visto che finiranno per mancare competenze. Infine, si appesantisce sulle spalle dei lavoratori attivi, e quindi dei giovani, il carico per sostenere quella parte (crescente) di popolazione che invecchia e vive più a lungo. Insomma, la bassa natalità sommata al costante allungamento dell’aspettativa di vita, si trasforma in una sorta di «tempesta perfetta» che mina pensioni e sanità.
Il «livello di sostituzione» ovvero quel numero di figli necessario per rimpiazzare naturalmente la popolazione è pari a 2,1 figli per donna. In Europa, mentre alcuni Stati sono molto prossimi a quella soglia – come Francia e Irlanda, rispettivamente a 1,96 e 1,92 – altri scivolano senza speranza agli ultimi posti: è il caso di Germania, Italia e Spagna (a 1,50, 1,34 e 1,33). Numeri, peraltro, che sarebbero perfino più bassi senza i figli nati dalle donne extra-Ue: in Italia, per esempio, la fecondità delle mamme straniere è a 1,95 quella delle italiane a 1,27.
Di fronte a questo disastro demografico, c’è chi mette l’accento sui sostegni economici alle giovani coppie, sui servizi (in particolare gli asilo nido) per aiutare le madri lavoratrici, sull’allungamento dei congedi parentali per uomo e donna. Tutte misure che aiutano ma che purtroppo non spiegano completamente il calo delle nascite nelle aree del Paese dove, ad esempio, il livello dei servizi non è male.
Ci sono molte altre cose che si possono fare, come il reddito per ciascun figlio fino alla maggiore età, come le rette universitarie gratuite, come la tassazione agevolata alla famiglia, come la procreazione assistita, come il “social egg freezing”, il congelamento degli ovociti, ma, soprattutto, va rimosso il pregiudizio culturale, ancora molto forte, per il quale una donna con figli piccoli è un problema, da una parte, per le aziende, dall’altra, per la crescita professionale della donna. Le ragazze sono così scoraggiate a fare questo passo o lo rinviano in continuazione.
Di certo, l’azione politica va intensificata altrimenti strade, industrie, città, palazzi, scuole, teatri, auditorium avranno sempre meno gente che li frequenti. Solo i cimiteri saranno overbooking.