Quota 100 e reddito di cittadinanza sono il dono che Di Maio e Salvini hanno lasciato all’Italia, stando insieme? Stando alle loro dichiarazioni, avrebbero eliminato la povertà, avrebbero consentito l’assunzione di molti giovani, avrebbero aiutato i disoccupati a trovare lavoro.

La verità, è diversa, molto diversa.

Quota 100?
Distrugge nuovi lavori invece di crearli
Un anno fa, Di Maio preconizzava un futuro roseo per i giovani italiani grazie a Quota 100: «Stiamo facendo una manovra finalmente per trovare nuovo lavoro ai giovani (…). Mi stanno dicendo tante aziende, anche di Stato, quelle grandi, che per ogni pensionato che ci sarà l’anno prossimo, assumeranno anche tre giovani, quindi 1 a 3». Sei mesi dopo, correva il maggio 2019, dal 1 a 3 di Di Maio si era già passati all’1 a 1 di Salvini: «A oggi abbiamo cambiato la vita a più di 200 mila persone. E si stabilizzerà il rapporto che vede un posto di lavoro ogni persona che andrà in pensione». E riportava l’esempio del pubblico impiego «Nel pubblico impiego Quota 100 ha permesso a 58 mila anziani di andare in pensione e a 58 mila ragazzi di lavorare».
Questa, invece, la realtà dei numeri sviscerati, su REP dell’altro ieri, dall’economista Tito Boeri, massimo esperto di questioni sociali, prestato per un qualche tempo all’INPS.
Nei primi 10 mesi del 2019 sono andate in pensione anticipata, grazie a Quota 100, 132.000 persone. Prendendo alla lettera le profezie di un anno fa di Di Maio, avremmo dovuto osservare circa 400.000 assunzioni in più. Di contro, nei primi nove mesi del 2019 ci sono state oltre 250.000 assunzioni in menorispetto al periodo che va da gennaio a settembre 2018. Il calo delle assunzioni è stato particolarmente vistoso (-10%) tra le persone con meno di 30 anni di età, proprio quelle cui Quota 100 avrebbe dovuto permettere di “trovare nuovo lavoro”. Guardando ad aggregati più limitati, come ad esempio il settore metalmeccanico nel Veneto dove le uscite per Quota 100 sono state più numerose, non si vede alcun effetto positivo di Quota 100 sulle assunzioni.
Anche nel settore pubblico il discorso non cambia: infatti, le cose sono andate ben diversamente dai “consuntivi” di Salvini. Sono 36.000 (e non 58.000!) i dipendenti pubblici che hanno sin qui fruito di quota 100 e nei primi nove mesi del 2019 le assunzioni nel pubblico impiego sono rimaste al palo.
Il ministro della Funzione Pubblica, Fabiana Dadone, ha dovuto in questi giorni riconoscere che non c’è stato alcun turnover legato a Quota 100 nella pubblica amministrazione: “zero tituli”, nessuna sostituzione. Tant’è che, per far fronte alle carenze di personale causate da Quota 100, soprattutto negli ospedali e nelle altre strutture sanitarie, ha annunciato che sbloccherà le graduatorie del 2011, 2012, 2013 e 2014, che avrebbero dovuto scadere secondo la Legge di Bilancio per il 2019. Ovvio che nessun neo-laureato è in quelle graduatorie. In altre parole, non si assumeranno neolaureati, ma persone che hanno per forza di cose più di 30 anni.
Tito Boeri conclude: Morale della favola. Quota 100 ha sin qui contribuito alla distruzione di posti di lavoro, non certo alla loro creazione. Se si riuscirà a sostituire rapidamente almeno una parte di coloro che hanno lasciato in anticipo l’impiego pubblico per evitare altre disfunzioni nei servizi pubblici, si rischia di assumere non già giovani, ma persone di mezza età, non necessariamente con quelle competenze ed energie fresche di cui le amministrazioni avrebbero bisogno. Si lascerà una volta di più a bocca asciutta i neolaureati che oggi in massa fuggono dal nostro paese.
Tito Boeri dimentica di dire che quota 100 è anche un furto ai danni delle giovani generazioni. Senza minimamente toccare la legge Fornero, ma anticipando per pochi il pensionamento di qualche anno, sta bruciando decine di miliardi che avrebbero potuto essere investiti proprio sui giovani.

Pensate che per il reddito di cittadinanza il discorso sia diverso?
Manco pa capa, direbbero a Napoli.
Qui vengono in aiuto i dati ufficiali offerti dall’INPS  in contrapposizione ai proclami del duo Di Maio-Salvini: i cittadini poveri sembrava fossero 9 milioni, poi ridotti nei mesi di propaganda a 5 milioni; infine indicati nei documenti ufficiali in 2.700.000.
La realtà dei fatti si è rivelata di molto inferiore alle roboanti cifre indicate al popolo per azzannare i governi precedenti e poter sparare sull’Italia facendone una Nazione in deriva in mano a delinquenti (Di Battista dixit): i dati Inps aggiornati rivelano che il numero di domande presentate al 15 luglio è di 1.401.225 e di queste solo 905.000 sono state accolte, con un coinvolgimento complessivo familiare di circa 2.300.000 persone, un quarto, quindi, delle prime cifre buttate in pasto alle belve da scrivania o alla “bestia” salviniana.
Altra fregatura riguarda gli importi del reddito di cittadinanza effettivamente erogati: il 70% circa degli assegni erogati è inferiore a 300 euro e sono noti alla cronaca i casi di chi si è pubblicamente lamentato di aver ricevuto solo 40 euro mensili di sussidio.
Altra cocente fregatura: il reddito di cittadinanza avrebbe dovuto costituire anche un rilancio occupazionale. Meglio, qui, stendere un velo pietoso.

In definitiva, 18 mesi di governo gialloverde ci consegnano un’Italia fatta di proclami roboanti, previsioni mendaci, paure diffuse, risultati del tutto insoddisfacenti che, nell’intento di alleviare le sofferenze di una frangia della popolazione italiana, avrebbero potuto essere raggiunti con tempi e metodi e criteri non divisivi, semplicemente rinforzando il Reddito di Inclusione già esistente, lasciando ad altre politiche quelle del sistema pensionistico e dell’occupazione.