Ho incrociato un post del leghista Claudio Borghi (nella foto). Da laureato in economia ne sono rimasto frastornato. Ancor più frastornato ne è rimasto l’onorevole Luigi Marattin, noto economista di Italia Viva. Le sue considerazioni sono anche le mie e suonano come una condanna definitiva di un personaggio che, con le sue puttanate, si esprime come un cialtrone qualsiasi e non come  un professionista del settore chiamato a dirigere una delle massime espressioni del nostro sistema democratico, la Commissione Bilancio della Camera dei Deputati. Fa impressione il pensiero che sia anche il principale consigliere economico di un leader politico (Matteo Salvini) che vuole i pieni poteri per governare l’Italia. Esaminiamo il suo post e le sue affermazioni degne di un ciarlatano.

Prima affermazione e prima puttanata: “il deficit dello Stato sono soldi degli italiani”

Il “deficit dello Stato” è la differenza, ogni anno, tra quello che il settore pubblico spende e quello che incassa. Per coprire questa differenza, lo Stato chiede in prestito i soldi (emette cioè titoli del debito pubblico) a chiunque sia disponibile a prestarglieli ad un dato tasso di interesse. A prestare questi soldi allo Stato non sono solo i cittadini di quello Stato, ma anche i cittadini esteri. Così accade nel caso italiano, in cui cittadini esteri acquistano i titoli di credito italiani per circa un terzo del totale; infatti, circa un terzo del debito pubblico italiano è detenuto all’estero.

Seconda affermazione e seconda puttanata: “nel senso che si aggiungono al risparmio privato”

In contabilità nazionale vale questa formula: Risparmio Privato + Risparmio Pubblico + Differenza Bilancia dei Pagamenti  = Investimenti. Da questa formula si evince che al risparmio privato non si aggiunge il Deficit dello Stato (Spese Meno Imposte-e-Tasse) ma il suo contrario, vale a dire il Risparmio Pubblico e cioè “Imposte-e-Tasse meno Spese

Terza affermazione e terza puttanata: “sciocchezza è pensare che il deficit sia un prelievo dalle tasche dei risparmiatori”.

Certamente non lo è perché il risparmiatore non è obbligato; infatti, si priva volontariamente di soldi dalle proprie tasche. Pur tuttavia, nella realtà, se l’aumento di deficit è insostenibile (o viene come tale percepito da chi ci presta i soldi), cioè se l’esposizione debitoria aumenta in misura non compatibile con la creazione di reddito (e quindi di capacità di ripagare quel debito), i soldi sul conto dei cittadini possono sparire eccome. Si innesca, infatti, quella che si chiama “crisi finanziaria”, vale a dire lo Stato non è più in grado di reperire sul mercato dei capitali i soldi che gli servono per il suo funzionamento ordinario. Questi eventi – che di solito degenerano molto velocemente – possono portare a conseguenze molto gravi: dal prelievo forzato sui conti correnti dei cittadini (come accadde in Italia nel 1992), ad un default (totale o parziale) che ha come conseguenza la perdita di potere di acquisto di quei conti correnti (come accaduto in Grecia nel 2012 e in molti paesi in via di sviluppo negli ultimi decenni).

“Oggi va così. Però prima o poi rinsaviremo”.