La denatalità, in Italia, ha raggiunto livelli che sono inferiori solo a quelli del Giappone. Nel 2019 sono nati solo 440 mila bambini, il livello più basso dall’Unità d’Italia e solo la metà dei nati nel 1969. Le donne fertili sono in continua diminuzione. Siamo entrati insomma in quella che gli studiosi chiamano la «trappola demografica. Si parla di motivi economici alla base di questa tragedia. In effetti siamo in presenza di trasformazioni profonde nei valori e negli stili di vita dell’intero Occidente che stanno determinando un crescente invecchiamento della popolazione. Cosa succederà in Italia quando il crollo delle nascite disvelerà tutte le sue conseguenze negative, quando avremo meno persone in età di lavoro rispetto ai pensionati? Infatti, entro il 2050 i pensionati saranno più numerosi dei lavoratori per effetto dell’aumento del numero di persone over 50 inattive, a carico delle casse statali, unito al «buco» demografico che farà mancare all’appello circa 6 milioni di potenziali lavoratori. È la previsione dell’Ocse sull’Italia.
Il Disimpegno o L’accidia ovvero l’avversione all’operare, associata all’idea di tedio oltre che a quella di neghittosità e di ludico, è la seconda pistola puntata alla tempia del nostro Paese. Da più parti, anche della cultura e della scienza, quando si parla della desertificazione economica sociale e morale delle Aree Interne, si adducono motivazioni accettabili solo dal punto di vista logico e tecnico: scarsità dell’offerta di lavoro, scarsità dell’offerta di servizi, scarsa prospettiva di vita interessante. Ma, a scavare, si scopre che esistono motivazioni molto più articolate e complesse alla base dell’abbandono delle aree interne. Esse attengono, con poche valide eccezioni, all’atteggiamento delle nuove generazioni verso il lavoro, il disagio, la privazione. Il lavoro viene inteso solo e soltanto come possibilità di arricchimento facile; il disagio e le privazioni sono i demoni che infiacchiscono e assopiscono (come ci ricorda Papa Francesco). E allora? Allora si volge lo sguardo verso orizzonti diversi, si lasciano le campagne e i monti dove la vita è considerata grama con giornate monotone e piene di noia e si fugge verso i centri urbani. I territori restano inutilizzati, spariscono i servizi pubblici e privati, aumentano i dissesti idro-geologici. In proporzione all’aumento di questo dissesto locale diminuisce la popolazione residente, in un circuito perverso da gatto che si morde la coda. Le Aree Interne diventano, così, quei territori al margine delle principali attività del Paese, economiche, politiche e sociali; quei luoghi che, dalle Alpi agli Appennini, dalle isole alle aree più marginali, stanno affondando, disegnando l’Italia come un arcipelago di isole collegate tra loro da reti ad alta velocità che bypassano tutto ciò che c’è nel mezzo: c’è l’asse di Torino, Milano, Bologna e Venezia, la costa adriatica fino al Gargano, l’area romana e quella napoletana, e poco o niente rimane del resto del Paese. In queste zone dimenticate da Cristo, ci sarebbe forte necessità di giovani motivati e appassionati, disposti a non stare con le mani in mano in attesa di un’improbabile svolta risolutrice. Ci sarebbe bisogno di risorse che consentano di ridurre le stagioni di emigrazione selvaggia e che inspirino fiducia nella popolazione oriunda. Purtroppo non se ne vede la via.
Denatalità e Disimpegno, due pistole alla tempia dell’Italia
In Nazioni più assennate, i governi stanno provando, e in diversi casi ci riescono, a contrastare efficacemente una generale tendenza alla denatalità e all’abbandono delle aree interne. In Italia siamo all’anno zero. Perché? Perché i nostri politici sono colpevolmente interessati solo e soltanto ai bacini elettorali che consentano loro la rielezione. Non si osserva altro sotto lo spesso mantello della loro ipocrisia.
Infatti, attenti al voto degli elettori, i nostri politici sono del tutto disinteressati al fenomeno del crollo delle nascite già in atto ma che produrrà le conseguenze maggiori soltanto in futuro. Sono, viceversa, molto più interessati ad allinearsi all’andamento demografico (cioè all’età degli elettori) prestando poco ascolto ai bisogni delle nuove generazioni. Con le tendenze che conosciamo — diminuzione delle nascite, costante aumento dell’età media — le esigenze dei giovani rischiano di avere sempre meno ascolto. Insomma, la «trappola demografica» rischia di portare con sé anche una «trappola democratica»: una politica attenta alle esigenze degli anziani (e al loro voto) non fa nulla per sostenere la natalità, favorendo così ulteriormente la denatalità e la prevalenza delle fasce più anziane. Assistiamo così a fenomeni alquanto squalificanti come la quota 100 (brucia 20 miliardi per consentire a pochi di andare in pensione un anno prima), accompagnata da dichiarazioni (la legge Fornero va cancellata) che mirano ad avere consenso ma, nel contempo, minano tutto il sistema previdenziale. Ancor più indecente è la posizione dei Sindacati (questi forse giustificati dal fatto che i loro iscritti sono prevalentemente anziani) che stanno proponendo di ripristinare pensionamenti a 62 anni con soli 20 anni di contributi. La curva della spesa pensionistica si alzerebbe come un soufflè di un punto, un punto e mezzo di Pil.
Quanto alle aree interne, si discute tanto di sviluppare, per esse, viabilità, scuola e sanità. Ma sono parole scritte sulla sabbia di una spiaggia soggetta ai venti di maestrale e alle mareggiate conseguenti. Strade poco frequentate, scuole con sempre un minor numero di alunni, ospedali senza pazienti diventano facile demagogia nelle mani di quei politici incoscienti che avvertono solo l’esigenza di soddisfare i bisogni dei centri maggiormente abitati, dimentichi della Nazione Tutta.
Denatalità e Disimpegno, due pistole alla tempia dell’Italia, caricate a molla da politici impavidi, interessati e incoscienti.
BREVI NOTE:
1 Se anche il gatto si morde la coda, oltre al cane, siamo messi proprio male!
2 Due pistole puntate alla tempia!..forse alle due tempie… mi sembra più semplice…
3 Ospedali senza pazienti, nelle aree interne: bella notizia!
Ciò vuol dire che pur con tutti i disagi e il freddo i MONTANARI resistono ancora con la loro forte tempra !
Ho voluto ALLEGGERIRE la “sacrosanta verità” di questo tuo dettagliato articolo…
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al sud mancano parecchie cose non solo nelle aree interne ma anche nelle città e nei paesi sulla costa…il resto è frutto dei consigli dei cd. keynesiani-rooseveltiani italiani secondo i quali bisogna fare debito pubblico per creare ricchezza…
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