Sono più le correnti che interagisco all’interno del M5S che i parlamentari dello stesso. Ognuna di essa sta tirando dalla sua parte: Di base ci sono tre aree, i pragmatici, gli ortodossi e i movimentisti che fanno capo ad altrettante leadership. Due attive, quelle di Di Maio e Fico, e una “dormiente”, quella di Di Battista. A Queste si aggiungono quelle di parlamentari in via di lasciare il Movimento, poi quella di Grillo e poi quella di Casaleggio e poi altre ancora che emergono a seconda del vento che tira. Ne deriva che, dopo la batosta delle ultime elezioni emiliane e calabresi, non si capisce cosa vogliano fare a partire dalla data in cui tenere gli Stati Generali del Movimento.  La data del 15 marzo, partorita qualche settimana fa, è già stata spostata. Non è ancora chiaro cosa dovrà succedere in questa sorta di primo congresso che congresso non è. In definitiva, il M5S è tornato all’anno zero: c’è chi vuole perseguire la terza via, c’è chi vuole allearsi senza se e senza ma con il Pd, c’è chi ci si vuole alleare ma non troppo, chi vuole allearsi con FdI e chi con la Lega. Un bel guazzabuglio. Questo sentimento si riflette sulle prossime elezioni regionali: in Campania, si vuole un nome del M5S da far digerire al PD contro la riconferma di De Luca; In Veneto si spinge per un intesa su un nome indicato dal Pd; in Puglia, anche un seguace di Fico, come il deputato Giuseppe Brescia, dice: “Con Emiliano mai, è il nostro De Luca”. In Toscana il Movimento è più debole, ma c’è un sistema di voto con il doppio turno, il che consentirebbe di siglare un patto prima del ballottaggio; tutto, però, è in discussione.

Nel Centro Destra, che fino a ieri sembrava granitico, le cose non sono molto diverse. Salvini che sta cercando di riprendersi dalla batosta di domenica scorsa, intende rimangiarsi la parola data ai suoi alleati, FI e FdI, circa i nomi su cui puntare alle prossime elezioni regionali, convinto, com’è, che gli alleati abbiano scelto candidati troppo deboli, dalla Puglia alla Campania. Chiederà, quindi, un “rimescolamento” di uomini, rispetto al patto che aveva già siglato per ogni regione con Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi (Veneto e Toscana alla Lega, Liguria a Toti, Puglia e Marche a Fdi, Campania Fi). Nel Consiglio federale di domani, il capo leghista dovrebbe invitare gli alleati a individuare candidati più attrezzati per vincere al Sud. E il riferimento sarà alla Puglia, in cui Fdi ha già candidato l’ex ministro forzista Raffaele Fitto, e la Campania, dove Berlusconi ha imposto l’ex governatore Stefano Caldoro.