Il nostro Luigino Di Maio, ministro degli esteri per grazia ricevuta, senza alcun accordo tra le parti politiche che formano la maggioranza di Governo, ha mal deciso di emanare un decreto con il quale ha assegnato deleghe ministeriali di rilevante importanza al suo cortigiano e compagno di partito, Manlio Di Stefano, togliendole all’altro sottosegretario, Ivan Scalfarotto.
In particolare, senza alcuna logica organizzativa e normativa, Luigi di Maio ha assegnato, al suo amico di colazione, “questioni relative alle imprese, la promozione degli scambi, l’attrazione investimenti, la supervisione della vendita di armamenti e prodotti ‘dual use’, spazio e aerospazio, energia, innovazione e ricerca, mare e ambiente (oltre all’Asia, Cina esclusa)” lasciando al sottosegretario Scalfarotto solo “Europa esclusa la Russia, Politiche commerciali relative a dazi e barriere al Commercio, adozioni internazionali”.
“Tralasciando – accusa il sottosegretario in una sua intervista riportata dal Fatto Quotidiano – l’aspetto che questa ripartizione rinnega gli accordi assunti al momento della formazione del governo, ho spiegato al ministro ancora una volta perché considero un errore gravissimo frazionare le competenze del Commercio internazionale privando le aziende che esportano e le nostre fiere – già in gravissime difficoltà a causa del coronavirus – di una interlocuzione unitaria con il governo, soprattutto nel momento di passaggio di queste delicate competenze dal Mise al ministero degli Esteri”.
Un “errore grossolano”, prosegue sempre Scalfarotto, di cui “non desidero assumermi la benché minima responsabilità, avallando, con il mio benestare a questa suddivisione di competenze, una decisione che considero dettata esclusivamente dalla necessità solo politica di tener buoni un po’ tutti, invece che per assicurare il buon funzionamento del governo e perseguire il superiore interesse del Paese”.
Ivan Scalfarotto avrebbe voluto rassegnare le dimissioni. Bloccato da Renzi a causa della emergenza da coronavirus, così conclude: “ho raccolto l’invito che Italia Viva mi ha rivolto in questo senso e ho deciso di non provocare, con la decisione che in altre circostanze avrei certamente assunto senza alcun ritardo, una sia pur piccola crisi nella compagine governativa che potrebbe indebolirne l’immagine anche a livello internazionale”.