Si entrava e si trovava di tutto, la crema al cioccolato che si vendeva nei barattoli di latta, i cioccolatini, le caramelle, i formaggi, il pane caldo che ogni volta che veniva tagliato lasciava tantissime bricioline sul banco. E, poi, i salumi che profumavano l’ambiente, il cacao i confetti, i vini e i liquori e tanta altra roba.

C’era anche la pasta sfusa, si avete letto bene, la pasta sfusa. Sotto le vetrinette interne del negozio, strapiene di scatole e scatolette, erano sistemati tanti cassetti, in ciascuno dei quali c’era un tipo di pasta, spaghetti, penne, tubetti, fedelini, zita, bucatini. A parte, ce n’era uno particolare che conteneva tutti i fondi degli altri cassetti in un mix che le famiglie povere cucinavano, di solito, con i legumi. Ne uscivano piatti di pasta e fagioli prelibatissimi.

Erano i piccoli negozi di alimentari sotto casa, quei luoghi di fiducia con il cliente che comprava sempre lo stesso tipo di formaggio, la cliente che amava farsi consigliare sempre e solo da una commessa, il negoziante dalla battuta sempre pronta con la quale si chiacchierava del più e del meno, e le lunghe conversazioni tra una pagnotta di pane caldo e le caramelle Rossana che non bastavano mai. Quei negozi erano la propaggine delle case del quartiere, con il negoziante che conosceva tutte le abitudine dei suoi clienti, nei minimi particolari.