Le case di riposo sono strutture che ospitano una popolazione molto anziana e di conseguenza molto fragile. Non c’è più una componente alberghiera-abitativa, rivolta, si, a persone anziane, ma in buona salute e con poche necessità assistenziali, che vogliono semplicemente combattere la solitudine. Oggi gli ospiti delle case di riposo sono persone molto più anziane, particolarmente esposte e, soprattutto, prive di un sostegno sanitario importante sia in fase di prevenzione che di contenimento. Si tratta di persone ciascuna con qualche patologia e dunque molto fragili.
Proprio per questo i Gestori di queste strutture, allo scoppiare della epidemia e senza aspettare che si manifestasse la pandemia, avrebbero dovuto predisporre, con il contributo dell’istituzione regionale, opportune modalità di distanziamento sociale tra gli ospiti e gli operatori della struttura, sia sanitari sia di servizi generali. Avrebbero dovuto dotare gli stessi operatori di opportuni dispositivi atti ad evitare contagi. E, soprattutto, avrebbero dovuto chiudere la struttura ad ogni visitatore esterno. Si è deciso di chiudere bar, ristoranti, circoli, eppure molti non hanno chiuso, come di dovere e con ogni precauzione, queste strutture difendendole dall’intrusione di estranei.
Questa mancanza di attenzione, oggi posta all’attenzione della magistratura, ha provocato situazioni drammatiche, sconvolgenti. Vecchi che hanno donato al loro Paese molta della loro vita (si tratta della generazione che ha contribuito a ricostruire l’Italia, dopo la seconda guerra mondiale) sono stati aggrediti da una malattia infida e subdola in un luogo dove avrebbero dovuto trascorrere serenamente gli ultimi anni di vita e, ora, vengono sballottati verso sistemazioni ignote, in luoghi a loro ignoti, con il terrore negli occhi.
Si resta agghiacciati dalle immagini di colonne di autoambulanze che attraversano di notte le nostre strade per operazioni che assomigliano a veri e propri traslochi, salvo il fatto che i corpi trasportati sono quelli di persone care a molti di noi ma senza una mano amica accanto, senza il sollievo di un sorriso, senza una parola di conforto. Si resta agghiacciati da queste autoambulanze che, in fila indiana, portano via un pezzo di storia del paese.