Fino a stamattina, il nostro Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, si è trincerato solo dietro alle elucubrazioni del Comitato Tecnico Scientifico, che non sa che pesci prendere eppur si arroga il diritto di menar le danze a proprio piacimento, e dietro i numeri fasulli che ogni sera ci propina il Dipartimento della Protezione Civile per bocca del dr. Borrelli. Fasulli perché se è vero che il virus determina una mortalità massima del 2% e se è vero, com’è vero, che i decessi sono stati finora 17.000 circa, è di tutta evidenza che i contagiati sono almeno 850.000 e non 143.000 come fa intendere la Protezione Civile.
Si è trincerato dietro di loro per non assumere decisioni coerenti e determinate come un politico dovrebbe fare, anticipando i tempi e non subendoli supinamente finendo per chiudere una pezzettino della Lombardia, e solo dopo chiudendo la Lombardia in malo modo (gli abitanti del lodigiano sono stati liberi di scorrazzare per la Lombardia, il Veneto e l’Emilia) e poi chiudendo in malo modo tutta l’Italia consentendo a tutti di girare per l’Italia. Decidendosi solo il 24 marzo di assumere una decisione coerente e chiara.
Da stamattina si trincera anche dietro i Sindacati, anche loro preoccupati per il presente ma senza una visione per il futuro, e preannuncia una ulteriore chiusura delle attività produttive fino al 3 maggio.
Segue la corrente, Giuseppe Conte, si fa trascinare dagli umori, dalla paura, dalla rassegnazione della gente e, per parte della popolazione, dalla possibilità di essere ulteriormente assistiti come Grillo e i 5 Stelle pretendono che sia anche in periodo normale, come se gli euro fiorissero sugli alberi. Non è ancora riuscito, Conte, a tracciare un percorso che superi le paure e faccia intendere che, dietro questa assuefazione a star fermi, si affaccia concretamente il mostro di una disoccupazione senza limiti che, anch’essa sarà pagata dalle nuove generazioni. Non se n’è occupato, anzi la sua preoccupazione attuale è quella di ottenere tanti infiniti prestiti che, poi, noi o figli e nipoti dovremo comunque rimborsare, in un modo o nell’altro. La sua retorica, poi, sulla meraviglia di restare a casa è diventata stucchevole seccante, fastidiosa,
Senza una narrazione nuova, senza una descrizione anche vaga di come si procederà per riattivare le attività produttive, la gente smetterà di sacrificarsi. Con il passare delle settimane ci siamo accorti che accanto alla curva epidemica ne esistono infatti delle altre: la curva delle vittime dovute ai danni economici, quella delle vittime dovute ai danni psicologici. E sappiamo che la fine ultima del contagio è di là da venire a meno che non avvenga un miracolo. Di cure efficaci non se ne vede l’ombra, l’immunità di gregge è pericolosa. Resta il vaccino. Pertanto dobbiamo assumere, come «fine del contagio», il momento in cui una parte cospicua della popolazione sarà vaccinata. In uno scenario ottimistico, ovvero assumendo che il vaccino esista già fra i tanti allo studio e che sia sperimentato e prodotto in tempi record, significa non prima di un anno.
In questo momento la quasi totalità delle attività è chiusa: la produzione industriale, le piccole attività, la scuola, i bar e i ristoranti, le seconde case, i cinema e i teatri, le spiagge e le librerie, noi. La pressione aumenta sempre di più. Bisognerà decidersi ad allentare la morsa. D’altra parte, da sempre, nonostante il virus, l’industria agro-alimentare e farmaceutica stanno lavorando e con essa tutta la distribuzione, grande o piccola, che consente alla società di sopravvivere. È di tuta evidenza che queste attività vengono svolte in massima sicurezza per chi ci lavora. Perché non dovrebbe essere ugual cosa per altri settori industriali e artigianali? Perché non dovrebbe essere ugual cosa per altri settori commerciali?
A tal proposito, ci sono già esempi che posso fare da apripista per la ripartenza, come l’accordo intervenuto in nottata tra la FCA (ex Fiat) e i sindacati, che prevede obbligo di mascherina per l’intero personale, rilevazione delle temperature prima dell’ingresso in azienda, mantenimento della distanza di almeno un metro, sanificazione degli ambienti, procedure per evitare assembramenti nelle mense e negli spogliatoi, uso dello smart working e formazione del personale. L’accordo ha ricevuto anche l’approvazione del virologo Roberto Burioni.
Nessuno vuole sottovalutare il fatto che la gestione della situazione che attende il governo non è per nulla invidiabile, soprattutto in mezzo alla ruggine e ai cigolii della nostra burocrazia, ma occorre smetterla di giocare sulla paura per conservare il consenso popolare. Questo consenso svanirà facilmente quando milioni di persone si ritroveranno ai margini del sistema, espulsi, licenziati, allontanati, cacciati.