La gente continua a morire ma lo spettacolo deve andare avanti. E Giuseppe Conte lo fa scientemente da capopopolo, nelle migliore tradizione del “on men show” in uso nelle dittature sudamericane (alla Bolsonaro, per intendersi), puntando il dito verso di noi. Perché se è vero che, ieri sera, tra il lusco e il brusco, ha fatto i nomi di Salvini e Meloni, è altrettanto vero che ha puntato il dito verso la stragrande maggioranza degli italiani di destra che non crede all’Europa ma firmò il trattato MES e di sinistra che, nonostante tutto, ci crede ancora.
E’ sparito il fine giurista, il post democristiano che tenta di mediare sull’impossibile. Emerge una figura che pensa di accaparrarsi un ruolo politico puntando su chi non sopporta l’idea di un Governo di destra guidato da Salvini e Meloni. Purtroppo, lo fa inimicandosi un po’ tutti. Innanzitutto quelli che non vedono di buon occhi colui che a parole parla di democrazia e, poi, si comporta come un dittatorello che, a reti unificate, arringa come è nel suo stile di avvocato ma fa anche un comizio di chiaro stampo politico, senza contraddittorio, offendendo in questo anche il Parlamento, sede ufficiale e istituzionale per gli argomenti da lui trattati. Si inimica oltre ogni limite possibile tutto il popolo di centro destra, pronto a farne polpetta. Si inimica addirittura il Partito Democratico perché con il suo ministro dell’Economia ha portato avanti una posizione diversa e distante da quella suggerita da Gentiloni, già Presidente di quel Partito e oggi Commissario Europeo. Si inimica parte del popolo grillino, oramai orfano di Di Battista, sparito, di Grillo confuso e indeciso, di Di Maio occupato a mantenere un po’ del potere perduto.
Aggiungasi che Giuseppe Conte non ha avuto, finora, l’umiltà neanche di accennare alla possibilità di un vero coinvolgimento di tutte le forze politiche in questo momento drammatico dell’Italia e del Mondo. Ascolta, ascolta, perde tempo in inutili convenevoli, salvo poi affidarsi, anche politicamente, a comitati e comitarelli, da lui decisi e da lui nominati, ultimo quello di coloro che devono studiare le procedure di riavvio delle attività produttive. Assomigliano, detti comitati, a consigli dei ministri paralleli. Una sorta di struttura del presidente. Ennesimo capitolo di una cessione di sovranità della politica a strutture e luoghi fuori dal Parlamento e dai partiti. E, con il supporto di questi comitati, stila i suoi comunicati a reti unificate non per informarci sulle decisioni prese ma per lodarsi e imbrodarsi con presunte prese di posizioni mondiali circa la bontà del suo lavoro. Non ha neanche le decenza di aspettare o anticipare la Via Crucis trasmessa dal Vaticano in tutto il mondo.
Si avverte nell’aria, un avvitamento populista del nostro Presidente del Consiglio. C’è un’ evidente crisi della Politica. Di fronte alle paure, dell’immigrazione prima e del virus poi, il popolo si chiude in se stesso e si affida all’uomo della Provvidenza. Intanto, aspettiamo tremebondi il prossimo show televisivo a reti unificate del divo Conte.