Non era difficile prevedere quel che sarebbe successo di fronte alle contraddizioni dei provvedimenti governativi e regionali, agli enormi ritardi accumulati nell’approvvigionamento dei dispositivi di protezione individuale, alla confusione nella linea di comando del Paese chiamata a fronteggiare una pandemia spaventosa che ha già provocato 22.000 morti circa.
Il Governo viene ora a trovarsi travolto tra opposte e distinte fazioni, tra chi vuole aprire subito e comunque, chi vuole riaprire subito ma con un con judicio (apertura purché con sicurezza sanitaria per i lavoratori) e chi non vuole riaprire se non a pandemia conclusa o fortemente controllata.
Il MES – il trattato Salva-Stati che fornirebbe a chi in difficoltà la liquidità finanziaria necessaria per assolvere ai propri impegni – senza condizioni secondo l’ultima versione, con forti condizioni nella versione originaria – è solo uno strumento nelle mani delle forze politiche per distogliere l’attenzione dal problema principale – la pandemia – e tornare a presidiare i vari bacini elettorali identitari.
Lo scontro vero è, invece, tra chi mette la sanità al primo posto e chi, invece, mette al primo posto l’economia del paese, evidenziando non a torto che i milioni di licenziamenti, che possono scaturire da ritardi nella ripartenza economica del Paese, sarebbero una tragedia ben più insopportabile della stessa pandemia. Lo Stato entrerebbe in default e entrerebbero in crisi gli emolumenti pensionistici, gli stipendi agli statali e i finanziamenti a sanità, scuola, infrastrutture: un disastro che ricadrebbe su tutte le generazioni a venire.
In questo marasma istituzione e di sistema di Paese, non ha torto Stefano Folli, su Rep di oggi, a scrivere: Si potrebbe dire che l’unica fabbrica sempre all’opera in settimane drammatiche è quella che produce i comitati di esperti destinati ad affiancare il premier e i suoi ministri. L’ultimo, il più ambizioso, affidato al manager Colao, è anche il più mediatico, per cui il suo fallimento dovrebbe essere evitato a ogni costo da chi guida l’esecutivo. Ma anche in questo caso il tempo stringe e l’impressione è che nessuno sappia esattamente cosa fare.