Grazie a Milena Gabanelli e ai suoi consulenti, siamo in grado di conoscere lo stato dell’arte della grave situazione italiana causata da questa disgraziata pandemia da coronavirus. I grafici, che qui sotto sono raggruppati, ripresi dal corriere del 20 aprile 2020, dicono tutto quel che c’è da sapere.
In particolare
Le imprese rimaste aperte sono state il 51% per complessivi 2,3 milioni di unità con 9,3 milioni di addetti di cui 6,8 milioni di dipendenti; di contro, quelle chiuse sono 2,2 milioni con 7,4 milioni di addetti di cui 4,9 milioni di dipendenti.
Coloro che hanno potuto continuare a lavorare, al 100%, fanno parte del settore sanitario, supporto alle imprese, Giornalisti e comunicatori, Bancari e assicuratori, Logistica e trasporti, Dipendenti pubblici, Servizi alle Famiglie. Gli Addetti all’agricoltura sono stati utilizzati al 94% e, in misura ridotta, le costruzioni, i servizi collettivi e il settore alberghiero e ristorazione a supporto delle necessità sanitarie. Tutti gli altri a casa.
In questo scenario tremendo, a qualcuno è andata bene. Il comparto alimentare ha registrato un +9,6%, perché le famiglie hanno mangiato di più a casa e hanno fatto scorte di cibo; più 4% la vendita di prodotti farmaceutici e terapeutici; più 8% i servizi di telecomunicazione, dato che internet è l’unico mezzo che consente di lavorare da casa e di restare in contatto con parenti e amici.
Gli effetti sulla Produzione Industriale e sul Prodotto interno Lordo saranno pesantissimi: rispettivamente, -16,6% sulla Produzione Industriale e meno 6,5% sul Prodotto interno Lordo secondo la Banca d’Italia ma -9,5% secondo le analisi della Banca Mondiale degli investimenti.
Tutto il resto — dai viaggi per turismo o affari, il settore dello spettacolo, delle attività ricreative, la cura della persona, l’automobile, l’abbigliamento, l’edilizia, i mobili e gli altri beni cosiddetti «durevoli» per la casa — subirà tracolli. Prometeia calcola che le conseguenze sono immediate sulla capacità di sopravvivenza delle aziende: tre su quattro hanno liquidità per meno di tre mesi (2,7 per la precisione). Vuol dire che non riusciranno a salvarsi se l’aiuto dello Stato, attraverso le banche, non arriverà nelle loro tasche entro fine maggio.