Sono dati di fatto incontestabili che Matteo Renzi denuncia da oltre un mese: il Governo, legato mani e piedi a Comitati tecnico-scientifici e task force con migliaia di persone, traccia il percorso della paura (state a casa, uscite con prudenza, uscite un po’…poi un altro po’… ma attenti, se succede il finimondo con nuovi focolai la colpa è vostra) e, di contro, non riesce a soddisfare esigenze che, ormai, da tempo, chiedono di essere soddisfatte per il ritorno a un minimo di normalità e per attenuare la carneficina occupazionale che si staglia all’orizzonte. Manca un po’ di tutto: sul piano della normativa e della comunicazione, ai cittadini non sono state date regole chiare e dati trasparenti per valutare l’effetto delle misure in atto (ad esempio, a cosa serve l’autocertificazione per spostarsi all’interno dello stesso comune, quando i motivi validi per farlo sono ormai sostanzialmente incontrollabili?); sul piano sanitario, mancano le mascherine certificate, l’app, i reagenti per tamponi, le indagini sierologiche; sul piano economico, il decreto aprile sta diventando di maggio, i lavoratori in cassa integrazione non ancora vedono un euro, moltissimi dei beneficiari dei 600 euro sono in attesa di riceverli.

Questo dice che, in questi due mesi e mezzo, il governo, pur avendo alle spalle un consenso enorme per fare quasi tutto,  non è stato capace di incidere minimamente sui lacci e lacciuoli della burocrazia.

Uno Stato credibile che eviti la pandemia della confusione, dello sconcerto e della rabbia dovrebbe dimostrare la sua capacità di testare prontamente la popolazione, di tracciare i contatti degli infetti e di curare adeguatamente gli ammalati — anche quelli a casa. L’obbiettivo dovrebbe essere semplice: più tamponi e meno timbri.
Un Governo credibile non dovrebbe limitarsi solo a chiedere scusa, come hanno fatto il premier e alcuni ministri, ma intervenire pesantemente perché si operino semplificazioni e tagli alla burocrazia per rilanciare gli investimenti pubblici e accelerare la ripresa, con l’apertura di tutti i cantieri possibili e immaginabili. Il modello è quello vincente dell’Expo di Milano, del progetto Pompei e del ponte Morandi di Genova.

Ma perché possa avverarsi questa nuova strategia, c’è bisogno di una forte determinazione politica e di una macchina amministrativa efficiente. Su entrambi questi aspetti, è inevitabile avere dubbi: il Movimento 5 Stelle ha una storia di opposizione alle grandi opere, dalla Tav Torino-Lione, al gasdotto Tap in Puglia. La classe dirigente promossa in questi anni in società come Anas non si sta distinguendo per capacità gestionali.

Da gennaio, il governo sta chiedendo senso di responsabilità ai cittadini. Tanti doveri che una Italia straordinaria sta assolvendo. Ma ora è arrivato il momento dei diritti. Il governo deve saper dare risposte concrete ai sacrifici fatti e che ancora i cittadini saranno chiamati a sopportare. Non credo che questo governo sarà in grado di dare queste risposte, per la sua composizione e per le sue scelte fin qui operate. Italia Viva, sempre giustamente critica verso l’operato governativo fin qui condotto, rischia di essere travolta pur non avendone colpa.