Nel novembre 1965, alle 17 e 17,  un contatto nella centrale idro-elettrica di Niagara Falls, vicino alle cascate, andò in tilt, luci si spensero, e si accesero le candele nelle case. Circa 50 milioni di americani della costa est degli Stati Uniti d’America, rimasero senza luce elettrica, fu il più grande blackout nella storia americanamai avvenuto fino a quel momento. Nell’ immediato, le conseguenze furono gravissime: senza semafori, le strade si trasformarono in un immenso parcheggio di auto immobilizzate; gli ospedali dovettero sospendere le operazioni chirurgiche in attesa di attivare i generatori (non erano organizzati come lo sono ora); con le piste di atterraggio improvvisamente “scomparse”, i piloti furono costretti a interminabili giri intorno agli aerporti; centinaia di migliaia di persone rimasero bloccate nella metropolitana e negli ascensori. Ma paradossalmente la crisi elettrica fu vissuta con generosità, coraggio, abnegazione, quasi un senso di spensierata felicità. La gente si faceva coraggio a vicenda, si scambiava cortesie, i negozi di arredamento permisero a sventurati passanti di utilizzare i letti nelle vetrine, molti volontari si misero a dirigere il traffico. Nelle dodici ore che la metropoli rimase senza luce il tasso di criminalità scese, invece di aumentare, e vi furono solo 59 arresti. Chi era riuscito a raggiungere casa, si godeva una serata silenziosa e romantica accanto alla famiglia. Nove mesi dopo il black out del novembre 1965 ci fu una impennata delle nascite. “Fu forse la notte più bella di New York, quella in cui la città mostrò il suo lato più bello” disse Robert Wagner, che allora occupava la poltrona di sindaco.

Il 13 luglio 1977 New York fu di nuovo colpita da un black out, questa volta limitato alla città: si verificarono vandalismi e saccheggi e furono arrestate molte persone. Di contro nel Bronx, il distretto di New York più povero e degradato, alcuni ragazzi, principalmente afroamericani, sperimentavano cose nuove da fare con i giradischi, prendendo vecchie canzoni funk e soul e mixandole insieme in modo da fare ballare la gente alle feste con una musica che appartenesse alla loro cultura, diversa da quella patinata che si ballava nelle discoteche dei bianchi; nasceva un nuovo genere musicale che avrebbe sopravanzato il pop e il rock e creato un nuovo fenomeno mainstream.

Anche il coronavirus, con la sua spettrale scia di morti, soprattutto o quasi esclusivamente anziani, ha presentato gli stessi contorni. La gente si è fatta coraggio a vicenda, ha cantato dai balconi, ha osservato coscientemente il confinamento in casa, nella maggioranza dei casi, salvo ironie, ha goduto  di giornate silenziose e romantiche accanto alla famiglia. È stata e sarà ancora una guerra ma molto probabilmente a seguirla sarà una nuova generazione da baby boom. Ci sono segnali che l’exploit si possa ripetere oggi, con il lockdown che ha regalato alle coppie tempo e vicinanza. Le esperienze del passato sembrano confermare le previsioni. Uragani e catastrofi sono seguiti da un picco delle nascite dopo 9 mesi esatti, così come i black out elettrici.  Certo, le epidemie sono una questione più delicata. Sorgono timori che il contagio possa creare problemi alla maternità, ma è pur vero che, come assodato,  i bambini e le puerpere sono praticamente immuni da questo maledetto covid-19.

Oltre la siepe ci sono bimbi che sorridono.