Se si vuol sapere se Alfonso Bonafede abbia agito in buonafede o in malafede è sufficiente leggere attentamente quello che il Magistrato Nino Di Matteo e Alfonso Bonafede si son detti durante la trasmissione del 3 maggio scorso su La7, durante la trasmissione “Non è l’Arena” di Giletti, e quello che è stato verificato nella stessa trasmissione di questa sera.

Di Matteo ha detto. “Venni raggiunto da una telefonata del ministro che mi chiese se ero disponibile ad accettare l’incarico di capo del DAP o in alternativa quello di direttore generale degli Affari penali, il posto che fu di Falcone. Io chiesi 48 ore di tempo per dare una risposta. Nel frattempo alcune informazioni che il GOM della Polizia Penitenziaria aveva trasmesso alla procura antimafia e anche al DAP avevano descritto la reazione di importantissimi capi mafia: se nominano Di Matteo per noi e’ la fine“. Di Matteo racconta quindi che “il giorno dopo andai a trovare il ministro dicendo che avevo deciso di accettare l’incarico al DAP, ma improvvisamente il ministro mi disse che ci aveva ripensato e nel frattempo avevano deciso di nominare il dottor Basentini“. “Ci aveva ripensato o forse qualcuno lo aveva indotto a ripensarci“, ha detto fra l’altro Di Matteo.

Rimango veramente esterrefattoha replicato Bonafede intervenendo telefonicamente – nell’apprendere che viene data un’informazione grave nella misura in cui si lascia trapelare un fatto assolutamente sbagliato e cioè che sarei arretrato dalla mia scelta di proporre al dottor Di Matteo un ruolo importante all’interno del ministero perché avrei saputo di intercettazioni. Di Matteo lo stimo, ma dobbiamo distinguere i fatti dalle percezioni, perché dire che agli italiani che lo stato sta arretrano rispetto alla lotta mafia è un fatto grave”. “Non sto chiamando – ha proseguito il ministro – ne’ per difendermi ne’ per dare chiarimenti, io metto davanti i fatti perché nei miei quasi due anni da ministro ho portato avanti solo leggi scomode, che mi fanno vivere sotto scorta, ho firmato 686 atti per il 41 bis. La questione – ricostruisce Bonafede – e’ molto semplice: io ho chiamato il dottor Di Matteo per la stima che ho nei suoi confronti, parlandogli della possibilità  di fargli ricoprire uno dei due ruoli, o capo del DAP o direttore degli Affari penali, dicendogli che era mia intenzione farlo scegliere praticamente a lui, anche se ne avremmo parlato insieme. Nella stessa telefonata Di Matteo mi chiarisce che c’erano state nelle carceri delle intercettazioni” nelle quali i detenuti avrebbero espresso la loro contrarietà alla sua nomina al DAP: “credo abbiano detto ‘facimme ammuina’”. “Non sono uno stupido – continua il Guardasigilli – sapevo chi è Di Matteo, sapevo chi stavo per scegliere, e tra l’altro  quella intercettazione era già stata pubblicata e sono intercettazioni di cui il ministro dispone perché le fa la Polizia Penitenziaria. Il fatto che il giorno dopo avrei ritrattato quella proposta in virtu’ di non so quale paura sopravvenuta non sta ne’ in cielo ne’ in terra. E’ una percezione del dottor Di Matteo. Quando lui e’ venuto al ministero gli ho detto che tra i due ruoli per me sarebbe stato molto più  importante quello di direttore degli Affari penali perché era molto più di frontiera nella lotta alla mafia. Quindi non gli ho proposto un ruolo minore nella lotta alla mafia. E a me sinceramente era sembrato che alla fine dell’incontro fossimo d’accordo”.

Leggendo le due dichiarazioni si può affermare che:

  1. La rivelazione di Nino Di Tullio è vera. Lo stesso Bonafede lo conferma quando dice che chiamò il dottor Di Matteo per la stima che aveva nei suoi confronti, parlandogli della possibilità di fargli ricoprire uno dei due ruoli, o capo del DAP o direttore degli Affari Penali, dicendogli che era sua intenzione farlo scegliere praticamente a lui.
  2. Bonafede ricoprì il ruolo del DAP prima ancora di aspettare che Di Matteo si pronunciasse, come dire che lo mise di fronte al fatto compiuto.
  3. L’affermazione di Bonafede (tra i due ruoli – DAP o Affari Penali – per me sarebbe stato molto più importante quello di direttore degli Affari penali perché era molto più di frontiera nella lotta alla mafia) è totalmente falsa perché Il DAP è un dipartimento apicale cioè posto al massimo livello dell’organizzazione del Ministero di Grazia e Giustizia, il Dipartimento Affari Penali non è più quello ricoperto da Falcone che operava alle dirette dipendenze del Ministro ma, nel tempo, è stato riposizionato organizzativamente al 4 livello sotto quello del ministro. Di più: il DAP gestisce decine di migliaia di persone, con un budget miliardario; l’altro, quello degli Affari Penali, quasi niente. Di più: la posizione sugli affari penali è ricoperta da altro magistrato che avrebbe dovuto essere convinto a spostarsi. Di più: il dipartimento affari penali opera in termini amministrativi e non è più dipartimento di frontiera nella lotta alla mafia. A questo proposito è intervenuta, come una barzelletta, una dichiarazione di un dirigente del M5S con la quale si tende a far credere che il Ministro Bonafede avrebbe avuto intenzione di riorganizzare i ministero per riportare il Dipartimento Affari Penali al ruolo ricoperto da Giovanni Falcone. Cosa che non emerge dalla dichiarazione di Bonafede.
  4. Lascia perplessi l’ultima frase della dichiarazione di Bonafede: E a me sinceramente era sembrato che alla fine dell’incontro fossimo d’accordo”. Si può dire, sinceramente, che non si capisce come ci potesse essere accordo se Di Matteo esprime la sua disponibilità per il DAP e vede respingere la sua scelta.
  5. La firma di 686 atti per il 41bis non sono atti discrezionali ma semplicemente amministrativi, dovuti in applicazione della legge già in atto, voluta da Martelli nel 1992.

Per concludere: a) Bonafede si è comportato prendendo in giro Di Matteo quando ha offerto una scelta e poi, senza aspettare la decisione di Di Matteo, ha cambiato idea. È legittimo cambiare idea ma deve spiegare perché. La motivazione data finora non è accettabile perché ha un fondamento falso; b) al posto di Nino Di Matteo, Bonafede  scelse, due anni fa, il dr. Basentini. Oggi apprendiamo che, per leggerezza politica e negligenza del DAP, centinaia di mafiosi sono usciti dal carcere e mandati ai domiciliari, nei loro mandamenti. C’è voluta una trasmissione televisiva per venire aa conoscere questa indecenza. Non è stato Bonafede a provvedere prima che se ne accorgesse la stampa.