A sentire i tanti commentatori, nei vari talk show, filosofeggiare sul coronavirus, siano essi virologi, siano essi economisti o storici, par di ascoltare una certa sinuosa litania: prudenza, calma, responsabilità, controllo, riflessione, ponderatezza, cautela, l’autista sta guidando un pullman in piena e ripida discesa, non va distratto e la velocità va ridotta, anzi è meglio stare fermi.

La litania è stata ascoltata. I garantiti dallo stato o da contratti privati hanno quasi gioito con canti e balli sui balconi e sulle terrazze, i ricchi non hanno sofferto di alcuna privazione “prigionieri”, come sono stati, di ville con parchi e piscine. Affari d’oro sono stati fatti dalla catena agro-alimentare, dalla farmaceutica e dalle imprese dell’e-commerce.

Sotto silenzio, invece, è passata la situazione dei non garantiti, quelli che partecipano al prodotto interno lordo lavorando da precari o da fantasmi. Sotto silenzio sta passando il fatto che sono aumentati i nuovi poveri in fila alla Caritas, sono centuplicati i lavoratori a contratto o a progetto, il ristorante può tenere quattro tavoli anziché quaranta e quindi, al massimo, un cuoco e un cameriere, le piccole imprese vedono ridursi la produzione fino al 70 per cento, molti lavoratori resteranno a casa.

Qual visione è nella mente di chi ci governa? Quale futuro in una Italia che non ha petrolio, non ha altre materie prime, ma ha fatto affidamento finora sulla creatività delle piccole e medie imprese, sulle nostre città d’arte come Firenze, Roma, Venezia, Palermo, sul Colosseo, sulle Dolomiti?  Cosa viene offerto alla moltitudine dei precari e dei lavoratori fantasma  e alla massa di giovani che si affacciano al lavoro? Viene offerta la costrizione delle loro libertà? Vengono offerte speranze malpagate?

Non c’è bisogno di essere grandi esperti in scenari socio-geo-politici per prevedere che un’ira funesta invaderà il nostro paese. L’ira degli esclusi, dei frustrati, dei demoralizzati, dei depressi, dei delusi, degli inappagati. L’assistenzialismo, alla lunga, aumenterà questo sentimento d’ira. Quando finiranno le risorse per CIG o reddito di emergenza o di cittadinanza, cosa sarà di questi nostri connazionali?

Un governo che abbia capacità e voglia di trattenerla, deve decidersi a decidere quale Italia va ricostruita, quali sono le priorità. La filiera del turismo? L’agricoltura? L’industria? Il made in Italy con moda, cultura, arte?. Un governo che vorrà guidare il pullman, ancora in piena discesa, in modo timoroso, irrisoluto, indeciso, apprensivo, ansioso, impacciato, creerà solo condizioni per una rabbia incontenibile e una repressione cruenta.