Il Tapino non sa come uscirne e, oggi, invece di chiedere scusa, infarcisce un’articolessa delle sue, con tante troppe parole utili solo a imbastire un minestrone insipido solo per il timore di essere accusato di nascondere le notizie. Ma, a leggere bene, si scoprono i suoi altarini. Lui, abituato ad accusare i grandi giornaloni, di cui è invidioso fino al midollo, di nascondere le notizie, fa finta, oggi, di darne una, salvo poi, da tartufone, nasconderla in mezzo a mille illazioni delle sue.

Insomma, per tanto tempo Travaglio ce l’ha menata con il fatto che lo scandalo delle Procure stava tutto dentro al PD e in particolare dentro l’area dei renziani o renzini, a seconda dell’umore di giornata, con Lotti e Ferri che “andavano a parlare con un capo corrente, Palamara, e con dei membri del Csm, di chi dovesse diventare il procuratore di Roma. Di Perugia. Di Firenze. Di Torino, ecc. ecc. L’aggravante ulteriore era che uno dei due, e cioè Lotti, era indagato dalla Procura di Roma. Dunque “impicciandosi” del nuovo procuratore di Roma contribuiva a scegliere il proprio accusatore. Per tanto, troppo tempo, facendo l’oracolo e il giustiziere, ha dato botte da orbi ai renziani per distruggere l’immagine di Renzi e dei renziani stessi, colpevoli secondo lui di manipolare e distruggere il sistema della giustizia italiana.

Stamattina, in mezzo a una miriade di parole, dopo diverse uscite tra il ridicolo e il faceto, tra cui quella che tra Di Matteo e Bonafede ci sarebbe stato solo un equivoco, ci fa intendere ma non chiaramente, quasi a vergognarsene, che:

  1. le accuse contro Palamara sono state ridimensionate dai magistrati di Perugia che stanno indagando su di lui,
  2. Lotti e Ferri si stavano battendo perché alla procura di Roma giungesse Marcello Viola un magistrato indicato da tutti come elemento di discontinuità rispetto alla gestione poco trasparente del procuratore uscente Giuseppe Pignatone, che invece preferiva l’amico Francesco Lo Voi, già procuratore di Palermo. Infatti, Viola fu il più votato dalla commissione Incarichi direttivi del Csm e avrebbe prevalso nel voto finale al Plenum.
  3. Il casino che seguì alle rivelazioni, cavalcate da Travaglio su Palamara e i suoi amici al bar, previo intervento del Quirinale, portò alla sospensione del voto finale e, senza che su Viola emergesse nulla di men che corretto, si decise di azzerare tutto e di rivotare da capo. Così prevalse Michele Prestipino, braccio destro di Pignatone a Palermo, a Reggio Calabria e a Roma. E l’indagine, che sulle presunte corruzioni di Palamara non è ancora approdata neppure al processo, ha già sortito l’effetto che qualcuno sperava: garantire a Pignatone una morbida successione in totale “continuità” con la sua, premiando e coprendo errori, omissioni e fiaschi.

Dopo queste ammissioni, tirate giù per i capelli, che dovrebbero squalificare il giornale di Marco Travaglio, il Tartufone rivela che, solo ora, sono disponibili una marea di intercettazioni, non solo le intercettazioni che hanno consentito a lui di sparare a zero contro i renziani. Cosa ne deduce il travagliatore tartufone? Ne deduce che, salvo la corrente di Autonomia e Indipendenza, fondata da Davigo e rappresentata al Csm anche da Ardita e Di Matteo, che ne uscirebbe non bene ma benino, per il resto, da quelle di destra a quelle di sinistra, è un museo degli orrori che completa il quadro parziale emerso un anno fa. Con una differenza: nel 2019 si dimisero il Pg della Cassazione e altri cinque membri del Csm; ora non si dimette nessuno.

Dall’alto della sua prosopopea, il Travagliatore Tartufone non ci pensa proprio a chiedere scusa ai suoi lettori, ammettendo che le sue articolesse sono partigiane, settarie, faziose, fanatiche. Non ci pensa proprio ad ammettere che i suoi fondi di giornale sono solo l’elaborazione di notizie che infiltrati delle procure gli recapitano. Ovviamente parziali, manipolate, contraffate, modificate, incomplete.