Bersani fu molto duro all’epoca in cui Renzi decise di incontrare Berlusconi al Nazareno per tracciare un percorso utile all’Italia. Non la mandò a dire. Intervenni a piedi uniti pesantemente: “per fare le riforme bisogna parlare con tutti, ma non c’è ragione di legarsi a una formula che sia un patto, non ce n’è nessun bisogno “. E ancora: dalla convergenza con Forza Italia sulle riforme “può venire fuori alla lunga l’idea sbagliata che si può creare un trasversalismo paludoso che lascia ai margini quelli che urlano. Non può funzionare così un Paese”. “Il Pd non è nato alla Leopolda ma è stato un incontro di culture riformiste, non fra modernizzatori e cavernicoli”. “Nessuno – continua l’ex leader – può permettersi di dare lezioni di innovazioni alla sinistra del governo, se parliamo di fatti e non di chiacchiere. Il Pd è casa nostra sul serio”

Ecco, il PD è casa nostra e… cosa nostra. D’Alema, Speranza, Cuperlo, Orlando, Zingaretti Civati si accodarono a Bersani e da allora, era il 2014, han menato fendenti e botte da orbi fino a costringere Renzi a lasciare il partito.

Ebbene, con qualche anno di ritardo, scopriamo che la ditta di Bersani & soci, oggi guidata da Zingaretti, guarda con grande simpatia proprio a Berlusconi: fanno gola i suoi parlamentari per consolidare il proprio potere (non si guarda più ai trascorsi di Berlusconi, alle sue condanne, alle sue malefatte così come per anni raccontate dal giornale di riferimento del PD). E, per nascondere il misfatto politico agli occhi degli italiani, subissati per anni da eventuali inciuci tra Renzi e Berlusconi, stanno procedendo su un doppio binario: a) traguardare l’obiettivo del sistema elettorale proporzionale utile, quando si voterà, di rompere la gabbia di coalizioni coatte e andare ognuno per conto suo con più facile accoppiamento a livello governativo per cui occorrerà farlo a luci spente senza troppa pubblicità; b) accelerare su un chiarimento ai vertici del governo perché, come si legge su diversi giornali nazionali più credibili del Fatto Quotidiano, sono tantissimi i dirigenti della Sinistra che non più sottovoce dicono che così non va, troppe incertezze, occorre cambiare passo. Per cambiare passo c’è bisogno di una legge elettorale, per togliersi il cappio dal collo. Il “cappio” è questa situazione di sostegno acritico del Governo, in un situazione in cui, se si va al voto con la legge vigente, la destra prende, queste le simulazioni, il 94 per cento dei collegi. Raccontano che, nel corso di una riunione prima delle riaperture, Vincenzo De Luca è sbottato: “Ma come è possibile che stiamo al Governo e non riusciamo a decidere neanche sulle riaperture. A questo punto andiamocene all’opposizione”. Pare che abbia ricevuto una specie di “ola” calcistica.