Il piano di rilancio dell’Europa passa attraverso i Recovery Found il cui significato letterale è: Fondi di Recupero. La grande novità sta nel fatto che, per la prima volta, sarà l’Europa, nel suo insieme, a reperire sul mercato il fabbisogno finanziario necessario a superare questa crisi da Covid19  e sarà l’Europa, attraverso il suo bilancio comunitario, a garantire i debiti che saranno contratti. Una svolta storica. Dopo il Mercato Comune, dopo la Moneta Unica, arriva anche la condivisione dei rischi di un indebitamento. L’Europa c’è e cresce: si dota di un bilancio sovrano, di una propria capacità impositiva.

Il merito di tutto questo va, soprattutto, a Angela Merkel ed Emmanuel Macron, poi, gradualmente, agli altri capi di Stato. Sicuramente il nostro Giuseppe Conte ha saputo difendere gli interessi nazionali, ma vediamo in dettaglio.

Angela Mergel ha dimostrato di essere un gigante della politica mondiale in questo inizio di nuovo millennio. Non ha mai guardato agli stretti consensi elettorali, non ha praticato clientelismo; ha saputo perseguire, nella sua carriera politica, visioni del futuro che fossero buone per il mondo intero, obbedendo spesso anche ad un superiore imperativo morale, nonostante le resistenze del suo partito.
Era famosa per la sua tenacia e la sua dirittura rigorista, molto amata dai paesi del Nord. Di fronte alla tragedia del Covid19, su suggerimento di Emmanuel Macron,  ha superato anche se stessa e ha partorito un piano di rilancio dell’Europa rendendo possibile l’enorme salto di qualità dell’Europa, che, come detto, si dota di un bilancio sovrano, di una propria capacità impositiva e di fatto vara i famigerati “eurobond” per venire in aiuto dei Paesi più colpiti dalla pandemia. Mai, prima d’ora, l’Europa aveva messo a fattor comune rischi e benefici finanziari.

Emmanuel Macron ha il merito di aver pensato, per primo, al piano di rilancio, poi fortemente voluto dalla Merkel. Ha altresì il merito di aver evitato che i finanziamenti europei finissero a quei paesi, come Ungheria e Polonia, dove lo stato di diritto è messo in discussione.

A fronte di questi due personaggi cui le popolazioni europee dovranno molto da qui all’eternità, ci sono,dall’altra parte, coloro che, ciascuno per le sue buone ragioni,  si sono azzuffati, malmenati prima di essere stati “costretti” a giungere a miti consigli. Insomma, hanno litigato per 4 giorni su questioni tecnich; il piano promosso da Angela Merkel ed Emmanuel Macron è stato in sostanza approvato. Questa è l’essenza delle cose. Punto.

Le estenuanti trattative per giungere a un accordo, chiaramente necessarie ad uso e consumo delle diverse tifoserie nazionali, hanno ruotato su due punti fondamentali

  1. Ammontare del Recovery Found e sua ripartizione. Nel piano originario era previsto che l’ammontare di 750 miliardi fosse suddiviso in 450 miliardi per sussidi a fondo perduto e 300 miliardi per prestiti a tasso agevolato. Al termine delle trattative, la cifra totale è rimasta la stessa, la suddivisione ha visto 390 miliardi per i sussidi e 360 per i prestiti.
  2. Controlli sui soldi spesi. I soldi, che ciascuno stato spenderà per fronteggiare la crisi, saranno rimborsati solo al raggiungimento di obiettivi misurabili, concordati anticipatamente nel piano. La valutazione sul rispetto delle tabelle di marcia sarà affidata al Comitato economico e finanziario (Cef), gli sherpa dei ministri delle Finanze. Se in questa sede, «in via eccezionale», qualche Paese riterrà che ci siano problemi, potrà chiedere che la questione finisca sul tavolo del Consiglio Europeo («freno di emergenza») prima che venga presa qualsiasi decisione. Sarà il Consiglio, su indicazione della Commissione che ha tempo due mesi, a decidere MA a maggioranza qualificata (55% dei Paesi pari al 65% della popolazione Ue) se approvare il piano. In definitiva, l’Olanda 8Rutte) ha ottenuto che ci fosse un freno per verificare la bontà della spesa, l’Italia (Conte), da parte sua, ha ottenuto che fosse eliminato il concetto di unanimità per cui un singolo, seppur piccolo paese, potesse porre un freno ai rimborsi chiesti da un altro stato.