Non puoi aspettarti molto da un avvocato civilista, per quanto bravo, che non ha mai fatto politica in vita sua e si ritrova a gestire l’Italia per grazia ricevuta prima da Grillo e dopo dallo stesso Grillo e da Renzi. Giuseppe Conte può sistemare fascicoli per la difesa o per l’accusa ma non ha la stoffa, la competenza, l’audacia, l’esperienza, la presunzione necessarie per disegnare il futuro del nostro Paese. Il fatto che non possa farlo, lo dimostrano, dapprima, l’accettazione della carica di capo di due governi con politiche e tendenze diametralmente contrapposte e, poi, la manifestazione di una chiara tendenza a fare di ogni erba un fascio, con l’atteggiamento tipico di chi, trattando un determinato argomento, generalizza, non considerando (volontariamente o involontariamente) le differenze e le distinzioni tra i vari tipi di “erba”. A cosa siano serviti gli Stati Generali di giugno, con la convocazione di migliaia di comparse a Villa Pamphilj, a Roma, è il quarto mistero di Fatima. Stessa sorte sta toccando alle migliaia di esperti che si accapigliano nei Comitati Tecnici e Scientifici per la gestione della pandemia. Peraltro, Conte passerà alla storia per due progetti da lui voluti, reddito di cittadinanza e quota 100, che si sono rivelati un vero tragico fallimento. 

La goccia che sta facendo traboccare il vaso è la decisione di spendere ben 100 miliardi (cura Italia 25 miliardi, rilancio Italia altri 50 miliardi e infine il decreto di Agosto con altri 25 miliardi) solo e soltanto in assistenza, senza alcun indizio di Futuro.

Il disappunto delle imprese si è tramutato in un urlo lanciato dal Presidente della Confindustria contro il Governo Conte 2 in una lettera inviata, proprio ieri, a tutte le imprese affiliate. Con essa Carlo Bonomi boccia in toto le misure messe in campo dal governo e denuncia il ricorso, malfatto, inadatto, inadeguato alle necessità del Paese, come i sussidi a pioggia, i bonus assurdi, una cassa integrazione senza fine, un blocco dei licenziamenti, tutti provvedimenti che, ingessandole, non consentono alle imprese di prepararsi per una ripresa credibile: “L’incertezza del Paese, richiamata efficacemente il 18 agosto da Mario Draghi, è figlia della mancanza di una visione complessiva, basata su chiare priorità strategiche e su scelte conseguenti e necessarie per il decollo del Paese” “Numerosi interventi specifici”, “bonus frammentati”, “nuovi fondi accesi presso ogni ministero”. Questi, dice Bonomi, “non sono certo stati la risposta articolata ed efficace che ci aspettavamo”.

Peraltro, lo stesso Conte ha spinto per le misure di indebitamento dell’Italia, tra cui anche il Recovery found Europeo (altri 209 miliardi). Coerentemente con le raccomandazioni della Commissione Ue,  questi soldi dovranno essere utilizzati per piani di investimento, ovvero spese in conto capitale. Ci potranno essere anche spese correnti ma in misura marginale e comunque solo se accessorie alle spese di investimento. Queste condizioni escludono molte idee di del Governo, dall’estensione della Cassa integrazione, al blocco dei licenziamenti, al finanziamento del reddito d’emergenza. Si da il caso che le spese, per le politiche del welfare e del lavoro, sono tipicamente spesa corrente, non in conto capitale. Non solo. Per spendere quei soldi occorrono procedure snelle. A tutt’oggi, per aprire i cantieri di un’opera pubblica del valore di 50 milioni, ci vogliono nove anni. Inaccettabile. Il decreto semplificazione, deliberato a luglio da Governo, secondo cui in Italia le procedure di gara per le opere pubbliche vengono abolite per un anno, è difettoso: inserisce una procedura che Bruxelles potrebbe annullare per un periodo temporale peraltro troppo  breve. Andrebbe riscritto meglio.

Tra le spese in conto capitale, poi, ci sono anche gli investimenti sul capitale umano (Scuola, Università, Formazione). Anche qui, un gran guazzabuglio: si aprono le discoteche ma le Università restano chiuse e la scuola è in balia di inconfessabili scaricabarili. E non è solo la scuola il motivo dello scontro. Seguono l’informatizzazione, la riforma fiscale, altra arabe fenice, l’accettazione o meno del MES (altro prestito a tasso zero per la sanità), la legge elettorale, il taglio dei parlamentari.

Conte, sta lì, osserva e tace, aspettando che gli preparino il fascicolo con il quale affrontare l’arringa di difesa del suo operato o di accusa dell’operato della Opposizione. Non vuole scegliere, non sa scegliere. Ma qualcuno (Renzi) gli ha suonato la sveglia su quello che deve essere il futuro dell’Italia: apertura cantieri, investimenti in conto Capitale, Scuola e Università, riassetto del sistema politico (sistema maggioritario oppure sistema proporzionale tedesco con il superamento del bicameralismo paritario e introduzione della sfiducia costruttiva). Ma ancor più sonora è la sveglia a Conte sul MES: “Dal Mes capiremo che vuol fare Conte da grande. Se chiede il Mes significa che vuole guidare l’Italia. Se non chiede il Mes, significa che vuole guidare solo i grillini. A lui la scelta”.

E nessuno pensi alle elezioni. C’è pronto un personaggio “unico”, per competenza e capacità, che può risollevare le sorti dell’Italia: Mario Draghi