In primis fu Nanni Moretti che, nel febbraio del 2002, in una breve orazione da un palco di piazza Navona, puntò il dito contro Piero Fassino e Francesco Rutelli con parole destinate a metterli in fortissimo imbarazzo: «Con questi dirigenti non vinceremo mai», gridò.
Arrivò Renzi che portò aria nuova, diede una sterzata al novecentismo dei D’Alema e Bersani e riavvicinò la sinistra alla stragrande maggioranza degli italiani. La Ditta non gradì e iniziarono tre anni di fuoco amico stupido, insensato, banale, insulso, ottuso che trasformò Renzi, agli occhi dell’elettorato, da colui che poteva dare un futuro all’Italia a un giovane antipatico, spocchioso, presuntuoso, arrogante, altezzoso. Mal gliene colse a quella Ditta e al PD di Zingaretti che, oggi, se non fosse per lo zoccolo duro di coloro che pensano al Pd come fosse ancora in vita Enrico Berlinguer, sarebbero ridotti al lumicino.
Lo dimostrano le parole sferzanti, severe, aspre, pungenti rivolte da Roberto Saviano alla classe dirigente del PD, parole non diverse da quelle pronunciate nel 2002 da Nanni Moretti.
Roberto Saviano ha dichiarato che, al prossimo referendum per il taglio dei parlamentari, voterà NO, ma precisando che il suo sarà «un voto contro questa classe dirigente» della sinistra, che, a suo avviso, si è servita dell’antiberlusconismo, prima, e dell’antisalvinismo, poi, per occultare il proprio vuoto ideale. Dirigenti, quelli del Pd, che in vista del referendum avrebbero potuto indifferentemente pronunciarsi per il Sì o per il No («Non credono in niente, una cosa vale l’altra»); personaggi sempre pronti ad indignarsi finché sono all’opposizione salvo poi, quando vanno al governo, lasciare tutto immutato. E perché si comporterebbero in questo modo? Per «meglio gestire il potere», è la risposta di Saviano. La loro — prosegue — è nient’altro che «arte della sopravvivenza». Il Pd è «succube di una gravissima mancanza di identità politica». È «vapore acqueo». A Zingaretti rimprovera di mostrare «grande determinazione sulle cazzate per poi defilarsi sulle questioni fondamentali». Così da dare la costante impressione d’essere uno che «cammina rasente i muri per non essere notato».
Non può fare a meno Roberto Saviano di osservare, basìto, interdetto, come Zingaretti faccia da spalla a un Luigi Di Maio, «intriso di una cultura profondamente autoritaria e xenofoba» Quel Di Maio che, fosse andato avanti a governare con la Lega, secondo lo scrittore avrebbe portato il M5S «allo 0%» senza più ricevere neanche il voto del proprio padre. Non può fare a meno Roberto Saviano di osservare, basìto, interdetto, come Zingaretti possa immaginare a capo dei democratici un uomo come Giuseppe Conte, un chiaro, vecchio e sorpassato democristiano,
Questo PD, lunatico, strambo, incoerente, stravagante , incostante come solo il vuoto spinto può essere, ha fatto la guerra a chi, come Renzi, ne aveva decretato un successo che poteva durare decenni, per ritrovarsi con fascisti in erba o con false copie di vecchi democristiani.