Così si esprimeva Gino Bartali l’immortale ciclista che, dopo un attentato a Togliatti,  con la sua vittoria al tour de France del 1948, contribuì massimamente a fermare una possibile carneficina da guerra civile: L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare.

Ed è tutto da rifare in tempo di Covid. Dopo la prima ondata, il Paese si è seduto, i politici si sono persi nelle loro diatribe dietro le elezioni regionali, il recovery found, il Mes si Mes non, Mes ué ué, Raggi sindaco, Calenda candidato. 

A Maggio, ricorderete, ci spiegarono che, ad averci sigillato tra le mura domestiche, con danni irreparabili per il portafogli e la psiche di molti, era stata la necessità di non ingolfare gli scarni reparti di terapia intensiva. Ci avevano detto: mai più.  In primavera si ragionava sulla riapertura autunnale delle scuole, raccomandando di potenziare i trasporti per non creare focolai a quattro ruote.  Eravamo usciti di casa ai primi di maggio. E ci avevano garantito: mai più. 

Quasi sei mesi dopo, ci informano che il secondo lockdown potrebbe scattare proprio perché di terapie intensive, rispetto a quelle promesse, ne mancano almeno duemila, come mancano i vaccini dell’influenza e si formano code sovietiche per un tampone. Ma non potevano pensarci prima? No, non potevano, presi com’erano a spartirsi le poltrone di Stato. A marzo la gente si fidò del governo. Poverini che potevano fare? Ora….??? Abbiamo visto arrivare la tempesta da lontano, per mesi, e ci siamo lo stesso finiti dentro. Se ci richiuderemo in casa, non sarà solo perché il Covid è cattivo e noi indisciplinati, ma perché chi ci governa e amministra si è dimostrato incapace di farlo.

L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare. Fino a ieri si è parlato di new generation found, di rifiuto del Mes (non ce ne sarebbe bisogno seppur utile a dare dignità al Sistema Sanitario), di ricostruzione. Macché. Ma quale ricostruzione. I fatti di Napoli, con manifestanti chiaramente manovrati dalla criminalità organizzata, dimostrano, come rilevato dalla SWG, che il tasso di incertezza degli italiani è salito, da marzo ad oggi, dal 49 al 60%, la rabbia è salita dal 17 al 23% e la paura di perdere il lavoro è aumentata dal 48 al 55%.

Non regge più la tattica di Giuseppe Conte di inondarci di DPCM con la collezione autunno-inverno che farebbe seguito a quella primavera-estate, accompagnata da parole tese a  tranquillizzare l’opinione pubblica, magari dicendo che «a fine anno arriverà il vaccino» ma senza specificare che serviranno mesi prima di poterlo somministrare ai cittadini.

Come chiedono a gran voce Renzi e Calenda, serve il piano sanitario nazionale, serve un sistema per compensare i ritardi nella scuola e nei trasporti e, soprattutto, è necessario supplire «all’inadeguatezza di alcuni ministri chiave», è necessario che il Premier smetta di fare l’avvocato di sé stesso, accumulando fascicoli per la difesa da opporre a una situazione che, se non gestita, travolgerà il Paese.

L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare.