CIGL, CISL, UIL hanno  deciso di scioperare il 9 dicembre, a favore dei dipendenti pubblici,  per chiedere, per il 2019-2021, aumenti salariali oltre quelli già stanziati dal Governo. Sono fuori di testa. Non percepiscono il contrasto stridente per la diversa sorte subita in questo anno orribile dai dipendenti pubblici e da quelli privati, per non dire dai disoccupati. Davvero incredibile questa loro decisione se solo si pensa che, dall’inizio dell’anno, 6,5 milioni di dipendenti privati con contratto a tempo indeterminato sono finiti in cassa integrazione, con una riduzione media del 35-40% della retribuzione. La cosa diventa drammatica se si pensa ai dipendenti privati con contratti a tempo determinato: in 700.000 hanno perso il lavoro. I disoccupati, già in crisi esistenziale, hanno perso la speranza di trovare un lavoro Viceversa, i dipendenti pubblici hanno continuato a mantenere il loro posto di lavoro senza perdere un euro dei loro emolumenti: e con carichi di lavoro, in molti settori, ridotti. Ad esempio, le scuole sono rimaste chiuse per diversi mesi e la didattica a distanza, seguita poco dopo, ha impegnato docenti e ragazzi per un terzo del loro tempo; la magistratura ha rallentato se non cancellato molte proprie attività; analogamente è avvenuto per molti altri  servizi offerti dalla Stato. L’unico comparto, sprofondato in ritmi lavorativi mal ripagati, è stato quello diretto e indiretto della sanità. Il paradosso è che questi sindacati sciagurati rischiano, con la loro azione, di mettere in cattiva luce tutto l’impiego pubblico, nessuno escluso, trascinando, così, nel disdegno e nella disistima generali, anche quei dipendenti pubblici che in questi mesi hanno dato l’anima per fare il loro lavoro e che hanno rischiato la vita nelle corsie degli ospedali.