Mi perdoni Selvaggia Lucarelli se utilizzo il suo incipit all’ultimo suo brillante articolo sul momento piuttosto grigio raggiunto da Massimo Giletti nella sua trasmissione “Non è l’Arena”, quando si è messo a parlare di stupro. Titolo del suo articolo “Quando uno stupro diventa stupro dell’informazione”. Questo titolo ben si attaglia all’ultima articolessa di Marco Travaglio, direttore della Lucarelli, ecco quando si dice che prima di guardare alla pagliuzza negli occhi degli altri occorrerebbe guardare alla trave nei propri occhi.
Scrive la Lucarelli: Un giorno bisognerà chiedere a Massimo Giletti cosa gli è successo a un certo punto della vita. Come ci si possa autoproclamare paladino della legalità un giorno sì e l’altro pure, e dieci minuti dopo affrontare un caso delicato come quello di Alberto Genovese e lo stupro ai danni di una 18enne, con la superficialità pericolosa e imbarazzante cui si è assistito domenica a Non è l’arena. 
Basta cambiare il nome di Giletti e il riferimento alla notizia per scrivere: Un giorno bisognerà chiedere a Marco Travaglio cosa gli è successo a un certo punto della vita. Come ci si possa autoproclamare paladino della legalità un giorno sì e l’altro pure, e dieci minuti dopo affrontare un caso delicato come quello del rapporto tra Magistratura e Politica con la superficialità pericolosa e imbarazzante cui si assiste tutti i gironi quando, bilioso, geloso, invidioso, astioso, malmostoso scrive di Renzi stando ben attento a non nominarlo per timore di querele cui immancabilmente soccombe.
Oggi, per esempio, si inerpica su montagne impervie per poi finire in paludi malmostose. Lui, il travagliatore di anime e corpi, mai attento alle notizie, Lui che ha fatto fortuna attingendo ai fascicoli della Magistratura, Lui che ha sempre avuto la pretesa di difendere la legalità, si inabissa in vorticosi, nauseabondi, superficiali e pericolosi artifizi per negare a Renzi il suo sacrosanto diritto di essere processato nel rispetto della Costituzione. Vuole negargli il diritto di essere processato dal suo giudice naturale e non da chi non ha le carte in regola per farlo. Qualunque giornalista darebbe la notizia e cercherebbe di capire se esistono le motivazioni perché Renzi ottenga ciò che chiede. Viceversa, Marco il Travagliatore vorrebbe che Renzi si presentasse da un giudice già in manette, in ginocchio e con il capo chino  pronto alla decapitazione. 

Tutti gli altri giornali, riguardo a questa notizia di Renzi, non hanno giocato a sputtanare, mortificare, umiliare, ferire le persone con allusioni da sottofondi marsigliesi. Hanno riportato la notizia, lasciando al lettore di farsi una idea della situazione. In concreto: “i legali dell’ex premier (Federico Bagattini e Gian Domenico Caiazza) hanno presentato eccezione d’incompetenza territoriale perché non sarebbe la procura di Firenze a dover indagare ma quelle di Roma o eventualmente di Velletri e Pistoia, dove si sarebbero consumati i presunti episodi di finanziamento illecito ai partiti, reato contestato. Nell’istanza si accenna anche a una linea difensiva. Che non solo nega che la fondazione Open (finanziatrice della Leopolda) fosse una ramificazione partitica della corrente di Renzi, allora nel Pd, ma afferma che, anche se lo fosse stata (e non lo è mai stata ribadiscono i legali), quei soldi elargiti non si configurerebbero come violazione di legge. Perché, si legge nel documento, «l’erogazione e l’accettazione del finanziamento non sono sanzionati in qualsiasi modo avvengono, ma soltanto se ad un tale comportamento segua la mancata loro pubblicazione», mentre Open ha sempre reso pubblico ogni versamento».