Giuseppe Conte è senza alcun dubbio un avvocato molto brillante, con una dialettica invidiabile, un aplomb e l’affabilità dell’uomo di mondo. Purtroppo, paga la sua incapacità tutta grillina di maneggiare la Politica: sia nella sua prima esperienza del governo giallo-verde sia in quello giallo-rosso, ha personalizzato il confronto, ha rotto con gli alleati non tanto sul merito delle questioni, quanto sulla sua personale convinzione di inaffidabilità dell’alleato. Lo ha fatto con Salvini, rompendo sul modo di comportarsi di Salvini e non sulle leggi o decreti firmati con lui; lo ha fatto con Renzi, anche in questo caso, non rompendo sul merito delle questioni ma sulla sua convinzione di non potersi fidare dell’alleato. Con Salvini gli andò bene. Con Renzi gli è andata molto male. Non solo. La sua immagine che pareva quella di un santo dotto e saggio si è sporcata, definitivamente, di tante macchie che ne limiteranno la carriera politica.

A – Superando ogni perplessità sul suo strano modo di gestire il paese, ora con idee di destra ora con idee di sinistra, il popolo gli aveva affibbiato l’aureola di intoccabilità tanto da indurre i partiti di sinistra, PD e LEU, a inginocchiarsi ai suoi piedi osannandolo come il capo finalmente ritrovato di tutti i progressisti. Pochi di loro si erano accorti che il suo successo era legato per lo più alla tragedia determinata dalla pandemia che aveva messo nelle sue mani un patrimonio incredibile di risorse (165 miliardi in meno di un anno) da distribuire a destra e a manca, senza che nessuno potesse entrare nel merito perché in questi momenti tragici non si può  e non si deve fare polemiche (questo il mantra del suo influencer, Rocco Casalino)

B – Con leggiadra disinvoltura, ha nascosto sotto il tappeto di Palazzo Chigi una serie infinita di problemi nazionali (Concessione Autostrade, Alitalia, Ilva). Il PD e LEU si sono acquartierati dietro il consenso che saliva nel Paese, accettando ogni protervia contiana grillina. Hanno digerito il giacobinismo giustizialista incarnato dal ministro della Giustizia pentastellato Alfonso Bonafede, le lentezze nel mettere a terra un’agenda di lungo periodo per salvaguardare l’occupazione e tenere sotto controllo la pandemia, la protervia di Conte di poter gestire il piano di rilancio messo a disposizione dell’Europa (New Generation EU o altrimenti noto come Recovery Plan) con una sua personale struttura di 300 suoi consulenti pagati dallo Stato, la protervia di Conte nel non delegare alcuno alla gestione dei servizi segreti, la protervia di Conte nel mettere nelle mani di un solo uomo (Arcuri) ogni qualsivoglia problema nazionale, dalla salute all’acciaio, dallo sviluppo delle imprese alle concessioni autostradali.

C – Trovandosi nella situazione di essere diventato una figura depositaria di un forte consenso personale, Conte ha trattato sprezzantemente chi (Matteo Renzi) ha denunciato tutte le magagne di una gestione inefficace e inefficiente, convinto di poterlo “asfaltare”. Penoso è stato il suo tentativo, condotto in prima persona negli uffici delle nostre istituzioni,  di “accaparrarsi” il consenso di tante anime perse del Parlamento italiano che tra di loro hanno un sol comune denominatore, quello di avere ciascuno una propria idea politica non conciliabile con nessun altra. E gli è andata male, molto male.

Penosa la reazione del M5S: “va via un martire, arriva l’establishment (detentori del potere economico e politico), frase insulsa e incongrua se si pensa che proprio loro, con Conte, sono stati l’establishment del Paese da tre anni.

Penosa la reazione del PD, fino all’ultimo legato al Governo al grido di “o Conte o Morte” “o Bonafede o Morte” “o Arcuri o Morte” ecc… : eravamo ai margini, in questo ultimo anno siamo riusciti a creare una alleanza con i 5S, frase insulsa e incongrua se si considera che non voleva andare al governo con i 5S, preferendo andare alle elezioni (solo grazie a Renzi tornò a governare) e se si considera che, con Gualtieri all’economia e i tanti decreti ristori, ha potuto maneggiare per mantenersi a galla. Ciononostante, resta inchiodato al 19%, la stessa percentuale rimproverata a Renzi ottenuta quando fu lasciato solo, anzi aggredito dalla Ditta.