Tutto comincia dalle ferie. È triste dirlo ma è cosi. Il primo elemento di scontro con i magistrati – o meglio: con una parte dei magistrati – è sul terreno che ritengo più banale, quasi insulso. Arrivo al governo nel febbraio 2014 e la situazione è molto più grave di quello che ci ricordiamo. Nella prima telefonata con Obama ricordo la preoccupazione che l’Italia facesse «la fine della Grecia». Variamo misure di grande impatto, dal Jobs Act a Industria 4.0, ma sono costretto a chiedere sacrifici a tutti. Anche solo per dare un esempio, ben al di là del valore economico di alcuni provvedimenti Mettiamo un tetto allo stipendio dei manager pubblici, evitiamo i doppi lavori a chi va in pensione, alziamo le tasse sulle rendite finanziarie, riduciamo da cinque a quattro i corpi di polizia, tagliamo l’elezione diretta delle province per ridurre personale politico. E molto altro. Tra le varie misure rimango colpito dai giorni di ferie dei magistrati. Sono 45 giorni feriali. Nove settimane, insomma. Più di due mesi, senza contare le feste comandate. Non mi sembra pochissimo. Propongo di ridurre i giorni di ferie, propongo di ridurre la sospensione dell’attività dei tribunali, che con tutto l’arretrato che hanno devono smaltire le cause con maggiore celerità. E tutto mi aspetto tranne che di essere attaccato perché limitiamo a 30 giorni le ferie dei magistrati: stiamo parlando di un mese e mezzo, comunque, considerando i festivi. Non mi sembra un dramma.
Può darsi, come dicono i critici, che la mia misura sia figlia di un clima molto populista. Ma spiego da subito che non è con la riduzione delle ferie che si risolvono tutti i problemi: si dà un segnale di buona volontà come si fa in tutti i settori della macchina pubblica. Le cose non vanno, rimbocchiamoci le maniche e ripartiamo insieme, facendo ciascuno un piccolo sforzo. Questo è il mio ragionamento, da bonus pater familias avrebbero detto i romani
E invece si scatena un finimondo. Alcuni autorevoli magistrati decidono di utilizzare la finestra delle inaugurazioni dell’anno giudiziario per un attacco alzo zero contro il premier e il governo. Il procuratore generale di Torino, Marcello Maddalena, utilizza queste parole: «Il presidente del Consiglio non ha trovato niente di meglio che ispirarsi al personaggio di Napoleone della Fattoria degli animali di orwelliana memoria, che aveva scoperto il grande rimedio di tutti i problemi della vita: far lavorare gli altri fino a farli crepare».
Fino a farli crepare? Cioè un alto magistrato, nella sede più alta che è quella dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, usa parole di questo genere? Salto sulla sedia. I giudici di questo Paese sono crepati, per dirla con Maddalena, non perché qualcuno ha ridotto le ferie, ma sono crepati per la mafia, per la ‘ndrangheta, per le Brigate Rosse, per la criminalità. Dovrebbe esserci un senso delle istituzioni, un senso della misura e forse persino un senso del ridicolo per evitare battute di questo genere. Eppure una parte de-gli alti papaveri della magistratura mi mette sotto tiro per la decisione di ridurre i giorni di ferie.
Io forse esagero nelle risposte, non attutendo la mia vis polemica. Vado da Bruno Vespa il 9 settembre 2014 e quando vedo la protesta dell’Associazione nazionale magistrati per le ferie e il tetto agli stipendi rispondo: «Brrrr, che paura… Hanno protestato per il taglio degli stipendi e ora protestano per il taglio delle ferie». È una frase che mi sarà più volte ricordata, se non rinfacciata, da colui che di lì a poco prenderà la guida dell’ANM, una delle icone di Tangentopoli, il dottor sottile della procura di Milano, il procuratore più televisivo della storia repubblicana: Piercamillo Davigo. La storia del «Brrr, che paura» a Davigo proprio non va giù. L’idea che qualcuno possa non essere terrorizzato – evidentemente – non lo convince. Il 9 aprile 2016, dopo oltre un anno e mezzo da questa mia battuta da Bruno Vespa, proprio Piercamillo Davigo è impegnato per ore nei caminetti necessari a completare con il manuale Cencelli la giunta ANM di cui assume la leadership. Sì perché, anche se nessuno lo dice, nella gestione degli incarichi dei magistrati l’appartenenza alle correnti conta più che in politica: se noi politici facessimo ciò che fanno i magistrati nella gestione degli incarichi per il CSM troveremmo sicuramente qualche magistrato che ci indaga per voto di scambio o traffico di influenza.
Ma era il 2016, Renzi era il nemico, Davigo era ancora l’autorevole magistrato Davigo, e non semplicemente un ospite fisso di La7, e quella era l’ANM. Tutti i media seguono l’intervento del magistrato, che infiamma la platea con molti passaggi a effetto, ma soprattutto con questa frase che chiama applausi a non finire: «Non mi è piaciuta per niente la frase “Brrr che paura”. […] Perché il nostro datore di lavoro deve tagliarci le ferie senza neppure consultarci.
Non li ho consultati, capito? Ecco il mio errore.
Brano tratto da “il Mostro” di Matteo Renzi