Aboubakar Soumahoro, il talentuoso ivoriano s’è imposto all’attenzione dell’Italia come portavoce dei braccianti e dei migranti diseredati e, con questa etichetta, è riuscito prima a farsi venerare dai talk show televisivi e poi a farsi eleggere deputato nella lista Alleanza Verdi e Sinistra, entrando a Montecitorio con gli stivali sporchi del lavoro nei campi («piedi nel fango della realtà e spirito nel cielo della speranza», ha spiegato su Facebook, con tanto di foto a pugno chiuso).

Tanti, a sinistra, si sono lanciati, con il richiamo della foresta, a difenderlo quando si è appurato che moglie e suocera sfruttavano proprio i poveracci migranti e braccianti: lui non c’entra niente, non è indagato, urlano.

A questi ipocriti della sinistra, grillini compresi, che si sono divertiti e sghignazzato quando altri politici venivano attaccati ingiustamente, ricordo che la questione è politica e non giudiziaria.

Com’è possibile che una persona intelligente come Soumahoro non abbia notato le dissonanze fragorose tra le sue battaglie e la vita condotta da moglie (abbigliata con vestiti e accessori da ricca benestante) e suocera (oggetto di continue denunce ben note nell’ambiente dei migranti)?

Non è credibile e lo riconosce anche l’onesto Bonelli che lo candidò al parlamento. Oggi sconsolato dice: “ho commesso una leggerezza”. Lo dice tra i suoi. In pubblico, si vergogna.