Ricordiamo i fatti: il 23 dicembre 2020, pochi giorni prima che Il governo Conte II cadesse,  Renzi e Mancini vennero ripresi con uno smartphone da una professoressa, successivamente indagata con l’ipotesi di reato di diffusione di riprese e registrazioni fraudolente.

E ricordiamo pure che l’attuale numero 1 dei servizi segreti italiani, Elisabetta Belloni, ha opposto il segreto di Stato sulla vicenda che lo riguarda. «E lo ha fatto, senza ragione, qualche mese dopo – racconta Renzi nel suo libro Il Mostro – che io mi ero schierato contro la sua elezione a presidente della Repubblica. E fa notare che il segreto di stato è una cosa seria: è un vincolo giuridico che pregiudica la divulgazione di una determinata notizia al di fuori dell’ambito dei soggetti autorizzati, al fine di tutelare la sicurezza nazionale di uno Stato. È stato posto nella storia italiana per i fatti di Ustica  (aereo civile colpito da un missile), il Piano Solo del ’64,  il sequestro dell’Imam di Milano Abu Omar del 2003, nel 1985 per una fornitura di armi alle Brigate rosse da parte dell’Olp, su un dossier trasmesso dall’intelligence americana su al-Qaida e gli attentati dell’11 settembre, e altri casi simili. Cosa ci sia da secretare nel caso di un incontro di routine tra un parlamentare e un uomo dei servizi è difficile da ipotizzare. Ma tant’è!! Restano dubbi e perplessità. 

Altri dubbi stanno emergendo da una indagine condotta da Massimo Giletti per la sua trasmissione “Non è l’Arena”.

Secondo Giletti, nel racconto della professoressa sarebbero presenti “contraddizioni evidenti nei tempi di spostamento”, evidenziate dalle ricostruzioni virtuali con le quali nel programma è stato ripercorso il tragitto tra Morena, la zona a Sud di Roma da dove sarebbe partita la donna, e il casello autostradale di Magliano Sabina.

Secondo la ricostruzione avvenuta nel programma in onda su La7, effettuata in base alle carte dell’inchiesta e a quanto testimoniato dalla professoressa, quest’ultima sarebbe partita insieme ai genitori da Morena alle 15.40, confermato dall’aggancio a una cella telefonica, che carpisce il segnale del telefono della donna, impegnata in una conversazione con il marito alle 15.24. Considerati i tempi di fermata dichiarati, di 7 minuti una prima volta e di 40 minuti una seconda volta e in questo caso per riprendere Renzi e Mancini, la professoressa avrebbe dovuto trovarsi allo svincolo di Magliano Sabina alle 17.44. Invece la sua vettura sarebbe uscita allo svincolo di Magliano Sabina alle 16.55, come registrato dal suo Telepass al passaggio al casello. Quasi un’ora  in meno, tale da far presupporre che lei non ci sia mai stata in quell’area di servizio.

Peraltro, c’è anche una foto sospetta nella quale, oltre ai due protagonisti, si possono vedere i busti di due persone. Una foto che sembra essere stata scattata da una persona in piedi al di fuori della vettura, dalla quale, come ricorda Giletti, “la signora aveva detto di non essere mai scesa.  

Ci sono troppo cose che non tornano, incluso il fatto che la prof, agli atti, afferma con certezza che Mancini era a bordo di una Giulietta bordeaux, invece era una Passat grigia”.

Per il momento quindi crescono i dubbi, e restano davvero poche certezze.