Con la Schlein a capo del PD (o PDS?) torna di moda lo sfascio culturale della contrapposizione netta tra fascisti e antifascisti: c’è chi come il sindaco di Bologna cambia le targhe della città per sostituire la parola “patriota” con quella di “partigiano”. Bella Ciao torna a riempire le piazze (italiane, si; ucraine, no). Insomma, con la Schlein i valori della Resistenza saranno sbattuti in faccia a tutti gli italiani senza distinzioni e senza tener conto della Storia.
A nulla sono valsi i tentativi di tanti uomini di stato e di cultura tesi a ricucire lo strappo tra generazioni. Tra tanti, per esempio, Luciano Violante parlò a lungo dei ragazzi di Salò cui sarebbe dovuto andare il rispetto per aver combattuto per una idea cui credevano.
D’altra parte, come non comprendere il loro stato d’animo? Dal 25 al 40 del secolo scorso vi fu la dittatura fascista che dominò gli italiani in tutti i campi fino alla coercizione: folle di giovani andarono in delirio il 10 giugno 1940 quando il Duce annunciò da Palazzo Venezia l’entrata in guerra contro la Francia e la Gran Bretagna, in sintonia con uno stato d’animo diffuso nella popolazione.
Oggi, nelle librerie esce il libro di Gianni Oliva “Il purgatorio dei vinti” (Mondadori), dove spiega come parte della generazione del 1910-1930 finì nella sciagurata avventura della Repubblica di Salò al fianco dei nazisti, fino a venir rinchiusi in campi di prigionia come quello di Coltano, l’antica tenuta di caccia medicea, perché avviliti dal “tradimento” dell’armistizio del 1943, indignati con il re e con Badoglio: reagirono alla frustrazione schierandosi dalla parte sbagliata.
Tra di loro c’erano Walter Chiari, Giorgio Albertazzi, Ugo Tognazzi, Mauro De Mauro, Marcello Mastroianni, Enrico Maria Salerno, Gorni Kramer, Carlo Mazzantini, Raimondo Vianello e altri. Tra gli altri c’era anche mio padre Vittorio, allora trentenne.
Nel libro, lo storico si chiede: “perché esiste e persiste questo ostracismo che vieta di ricucire tra genti e discendenti delle opposte fazioni? Risponde citando Rosario Romeo: «La Resistenza, opera di una minoranza, è stata usata dalla maggioranza degli italiani per sentirsi esonerati dal dovere di fare fino in fondo i conti con il proprio passato» E a questo aggiunge: «Quando mai i manuali e i docenti ci hanno insegnato che l’Italia ha perso la guerra? Per tutti noi, cresciuti nella cultura dell’Italia repubblicana, la fine del secondo conflitto mondiale è il 25 aprile, l’insurrezione partigiana nelle città del Nord, i giorni radiosi della Liberazione. La “vulgata” antifascista ha preso l’unica esperienza del 1940-45 che ci metteva dalla parte giusta della storia, la Resistenza, e l’ha trasformata nella foglia di fico dietro cui nascondere colpe, corresponsabilità, vergogne». E questo senza fare i conti col passato: «La criminalizzazione di Salò serve soprattutto ad assolvere tutti coloro che sono stati fascisti sino al 25 luglio e che negli anni del regime hanno costruito carriere, ricevuto onori, lucrato fortune più o meno illecite».
Una scelta che pesa, e Dio sa quanto, sulla nostra storia e temo, con tanti personaggi in cerca d’autore, peserà ancora a lungo.