A me Landini non piace. E non piace in special modo quando afferma che “la ricchezza è prodotta dal lavoro“, sintesi che poteva aver valore nell’età della pietra, quando l’uomo non aveva ancora scoperto il fuoco e il martello. Non è certamente valida oggi dove, è sotto gli occhi di tutti, la produzione della ricchezza dipende da molti fattori:
- oltre il lavoro;
- il capitale (nel paleolitico si usciva di caverna, si cacciava o si raccoglieva erba e frutta; oggi, prima di vendere un prodotto occorrono materie prime, capannone, macchine utensili, promozione e tantissimo altro e, guarda caso, gli introiti della vendita del prodotto si materializzano solo dopo molto tempo. Pertanto occorrono quattrini (risparmi o prestiti), prima di produrre altra ricchezza;
- la tecnologia e il processo produttivo necessario (non è che ti metti li con un martello e vai);
- il sistema di governo nazionale (liberale, statale, regolatore)
- la logistica
- le conoscenze logiche-tecniche-scientifiche assunte prima e durante l’attività di produzione della ricchezza.
- la burocrazia
- i sindacati
E l’elenco non è esaustivo.
Ciò premesso, devo dare atto a Landini di essere stato l’autore di un gesto clamoroso: non ha invitato al suo congresso un presidente del consiglio “qualunque” che, peraltro, mancava da 27 anni, ma un presidente del consiglio in cui molti, anche della minoranza del suo organismo, vedono ancora il fascismo.
Con questo gesto, Landini non ha dato molto spago all’allarme antifascista, lanciato da sfessati senza argomenti, per contrastare l’ascesa al governo di Giorgia Meloni, ma l’ha istituzionalizzato, perché la presenza di Meloni al congresso della CGIL ha significato la piena costituzionalizzazione di Fratelli d’Italia e dei suoi un po’ carnevaleschi alleati. Sopra quel palco si è consumata l’opera di piena legittimazione democratica anche di quella parte del parlamento italiano che era considerato fuori dell’arco costituzionale.
Bravo Landini, era ora che finisse l’epoca della contrapposizione fascismo-antifascismo. Meloni e il suo governo vanno ascoltati, e per quello che faranno, più che per quel che diranno, li inchioderemo alle loro responsabilità. A quel punto il re, senza le contestazioni parolaie di fascismo, sarà nudo, e come per tutti, suonerà la campana della valutazione sui contenuti dei provvedimenti e non su sceneggiate anche riprovevoli che vengono messe in atto dai suoi dirigenti.
A sinistra, dovranno attrezzarsi a parlare di contenuti; non potranno limitarsi a cantare Bella Ciao.


