La differenza principale fra il concetto di etnia e quello di razza è che l’etnia si basa sulla storia comune di una determinata popolazione, resa più forte dall’avere una stessa religione, una stessa lingua e cultura, mentre le catalogazioni razziali sostengono di basarsi su comuni tratti fisici e genetici. 

Pertanto, va dato atto al ministro Lollobrigida di non aver voluto dare una connotazione razzista alle sue argomentazioni, al di là di riferimenti, strumentali a certa propaganda, a personaggi storici che hanno utilizzato quella dicitura (etnia) in senso non appropriato. 

Viceversa, il ministro Lollobrigida ha torto marcio quando parla di operazione in atto per una sostituzione etnica del nostro Paese. In questo caso, Lollobrigida fa l’errore di immaginare il tempo e le evoluzioni ad esso legate, come un fatto corrente, di cronaca, di appuntamento social. Dimentica, il ministro, che il cittadino “italiano” non ha una sua identità specifica, né per lingua, né per religione, né per costumi, a meno che non ci si voglia riferire solo agli ultimi decenni. 

Quanto alla lingua, dati alla mano, al primo censimento dell’Italia unita, nel 1861,  il 78% della popolazione era totalmente analfabeta. L’istruzione postelementare era riservata, parecchi anni dopo l’unità, solo allo 0,9% delle fasce giovani. Solo un 10% della popolazione usava abitualmente l’italiano. Prevalevano, dappertutto i dialetti.

Quanto alla religione, è sotto gli occhi di tutti che solo sulla carta sembra esistere una omogeneità di intenti verso la religione cattolica. In effetti crescono a dismisura altre religioni. Vari sondaggi rivelano che la religione cattolica era seguita dal 90% degli italiani; oggi questa percentuale è scesa sotto il 50%. Troviamo, protestanti, anglicani, mussulmani sunniti e sciiti,  atei, agnostici, e altri ancora.

Quanto alle tradizioni, usi e costumi, basta girare l’Italia per osservare come gastronomia, usanze, ricorrenze, siano osservate in modo diametralmente opposte a un secolo fa.

Dimentica, pertanto, il ministro che l’etnia italica è venuta formandosi nel tempo con l’intrecciarsi di usi, costumi, dialetti, comportamenti, tradizioni, incroci di popolazioni. Si è partiti, volendo dare una inizio a questo percorso, con la civiltà romana, cui contribuirono, per ragioni storiche e geografiche, quella etrusca e quella, di matrice ellenica, della Magna Grecia, per proseguire con l’età medioevale, l’età moderna e contemporanea, con infiltrazioni di ogni tipo dal nord e dal sud dell’Italia. E, nel tempo, quella che vogliamo chiamare etnia italica è venuta modificandosi, alterandosi, globalizzandosi, specialmente negli ultimi decenni con l’avvento della comunicazione di massa, attraverso tv, social, media in generale.

Si può onestamente affermare di poter cristallizzare i parametri attuali (a mo di esempio, il capitone a Natale, l’agnello a Pasqua, l’arrosto a Ferragosto) per i secoli a venire? La risposta è no.

È una illusione oltre che un’aspirazione impossibile a coltivarsi quella di immaginare una etnia italica immobile nel tempo. È come voler fermare una valanga con le mani. Se ne esce con le ossa rotte.