Dieci segretari in pochi anni non sono riusciti a cambiare il volto ombroso della sinistra incarnata dal  pci-pds-pd.  Sembrava, con l’elezione di Veltroni o Renzi che ci fosse una qualche possibilità di uscire dal guscio stagnato del sole (tramontato) dell’avvenire. L’elezione di Elly Schlein riporta l’orologio a decenni di anni fa, alla teoria leninista per la quale vale il concetto di “niente nemici a sinistra” nel senso che le forze riformiste vanno considerate come una mascheratura del diabolico capitale, moralmente corrotte e patria dei ladri. 

Lo pensavano tutti i “compagni” che trent’anni fa, la sera del 30 aprile 1993, insieme agli ex fascisti del Msi, assalirono Bettino Craxi con monetine e ogni oggetto contundente fosse a portata di mano, tutti assetati di sangue e di ghigliottine, uniti nel gridare “eccolo, eccolo!” per indicarlo al boia e alla gogna. Nessuno li fermò. Diventò il “cinghialone”, inseguito da torme di cani feroci che istigarono cittadini spesso inconsapevoli ad assalirlo fino a mettergli i denti nel collo e ucciderlo. Politicamente, giudiziariamente, fisicamente. Oggi, a trent’anni da allorasalvo  facinorosi avvoltoi inscalfibili, tutti gli altri, i politici di allora e di oggi, gli ex cronisti giudiziari di Milano che brindarono alla sua prima informazione di garanzia, tutti oggi riconoscono che Bettino Craxi fu uno statista.

Lo pensavano i “compagni” che isolarono moralmente Giovanni Falcone, anche lui troppo riformista. Gli sbarrarono la strada ogni volta  che poterono, lo massacrarono quando andò a dirigere gli Affari penali in quel ministero della Giustizia guidato dal socialista Claudio Martelli sotto il governo del democristiano Giulio Andreotti. Lo crocifissero perché non si beveva le balle dei pentiti, e lo maledissero perché pensava che il sospetto fosse l’«anticamera del komeinismo» e non della verità. Non lo sopportavano perché si interrogava su quel reato-non reato qual è il concorso esterno in associazione mafiosa, per il suo essere favorevole alla separazione delle carriere fra giudici e pm, contrario all’obbligatorietà dell’azione penale, dubbioso sull’efficacia del 41bis e perché rigettava l’idea di un “terzo livello” della mafia fatto di politici e massoni. In qualche modo non fu difeso abbastanza e la mafia ne approfittò. Il 23 maggio 1992, sull’autostrada A29, nei pressi dello svincolo di Capaci, a pochi chilometri da Palermo, lo fecero saltare in aria. Con lui morirono la moglie e diversi uomini della scorta. Pochi mesi dopo toccò a Borsellino, uomo con simpatie politiche di destra. Oggi, a distanza di trent’anni, Falcone e Borsellino vengono onorati e commemorati da tutti.

Lo pensavano i “compagni” della Ditta che asfaltarono Matteo Renzi, piuttosto che preoccuparsi di modificare il sistema politico italiano, operando perché avesse successo il referendum del 2016 che modificava in senso moderno la nostra Costituzione.  Renzi era colpevole di voler finalmente dare al maggior partito italiano di sinistra un volto chiaramente riformista. Anche Renzi, come Craxi e Falcone è stato massacrato presso l’opinione pubblica facendolo ingiustamente passare per ladro, reazionario, mostro. Oggi continua questo atteggiamento mostruoso nei suoi confronti, ma il tempo è galantuomo.

Inascoltato Craxi, ucciso Falcone, asfaltato Renzi, con la nomina di Elly Schlein, la stagione delle monetine sembra non finire mai, come i rotoloni della pubblicità.

I segretari del PD dal 2007 ad oggi

– WALTER VELTRONI: 27 ottobre 2007 E’ il primo segretario del Partito Democratico.

L’allora sindaco di Roma vinse con il 76% delle preferenze le primarie contro Rosy Bindi, Enrico Letta, Mario Adinolfi, Pier Giorgio Gawronski e Jacopo Schettini. Come Letta fino allo scioglimento della riserva dei giorni scorsi, resta vicino ai dem, ma “ha cambiato mestiere”.

– DARIO FRANCESCHINI: 21 febbraio 2009 L’attuale ministro della Cultura si contende con Arturo Parisi la successione di Veltroni e vince con 1047 preferenze dell’Assemblea. Durante la sua segreteria nasce il gruppo dei Socialisti e Democratici Europei.

– PIER LUIGI BERSANI: 7 novembre 2009 Eletto alle primarie batte Ignazio Marino e l’uscente Franceschini. Nel 2012 si candida e vince le primarie contro l’allora sindaco di Firenze Matteo Renzi (giunto al ballottaggio), Nichi Vendola, Laura Puppato e Bruno Tabacci. Durante la sua segreteria riceve un incarico esplorativo per formare un nuovo governo, senza successo. Quando cadono, una dopo l’altra, le candidature al Quirinale di Franco Marini e Romano Prodi, si dimette. Fonderà Articolo 1.

– GUGLIELMO EPIFANI: 11 maggio 2013 E’ il primo “reggente” del Pd e dura in carica sette mesi. L’assemblea lo elegge con 458 voti su 534. Passato il testimone a Renzi – vincitore delle primarie – aderirà poi ad Articolo 1.

– MATTEO RENZI: 15 dicembre 2013 E’ segretario grazie al 67,5% ottenuto alle primarie battendo Gianni Cuperlo e Giuseppe Civati. E’ la segreteria dello strappo con Letta. A febbraio 2014 riceverà l’incarico di formare il nuovo esecutivo. Nel 2016 la sconfitta al referendum porta alle sue dimissioni da presidente del Consiglio.

– MATTEO ORFINI: 19 febbraio 2017 Secondo reggente e ‘segreteria’ lampo: meno di tre mesi. Era presidente del partito e commissario straordinario del Pd romano. Lascia alla rielezione di Renzi.

– MATTEO RENZI: 7 maggio 2017 E’ l’unico ‘bis’ della storia del partito e lo ottiene vincendo le primarie (con il 69,2% dei voti) contro Andrea Orlando e Michele Emiliano. Poco meno di un anno dopo arrivano le dimissioni, questa volta definitive. Lascia il Pd e fonderà Italia Viva.

– MAURIZIO MARTINA: 12 marzo 2018 E’ l’unico a rivestire, in sequenza, gli incarichi di reggente e segretario. Il primo – essendo il vice – subito dopo l’addio di Renzi. Il secondo con l’investitura, il 7 luglio 2018, da parte dell’Assemblea.

– NICOLA ZINGARETTI: 17 marzo 2019 Vince le primarie e, con il 66% dei voti, sconfigge Maurizio Martina e Roberto Giachetti. Lascia pochi giorni fa “vergognandosi” di un partito troppo concentrato sulle poltrone e non sul paese. 

– ENRICO LETTA: Nel marzo 2021, in seguito alle dimissioni di Nicola Zingaretti da segretario del PD, viene indicato, da molti esponenti di spicco del partito, come successore alla segreteria del partito. Tornato in Italia per accettare la candidatura, il 14 marzo l’assemblea nazionale lo elegge segretario nazionale del Partito Democratico. In seguito alla sconfitta elettorale, rassegna le dimissioni da segretario del partito, restando in carica fino alle successive elezioni primarie indette per il febbraio 2023.

– ELLY SCHLEIN: è una politica italiana con cittadinanza statunitense naturalizzata svizzera. Nel 2023 si candida alle primarie del Partito Democratico, vincendo la corsa per la segreteria con il 53% dei voti e divenendo, dal 12 marzo 2023, la prima donna, nonché la più giovane, segretaria del Partito Democratico .